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2 storia d'italia

perché, per essere Italia divisa in tanti príncipi e in tanti stati, fusse quasi impossibile, per le varie volontá e interessi di quegli che l’avevano in mano, che ella non stesse sottoposta a continui travagli, ecco che appena deposte l’armi tra Cesare e i viniziani, anzi non essendo ancora consegnata la cittá di Verona, si scopersono princípi di nuovi tumulti, causati da Francesco Maria dalla Rovere, il quale aveva sollevato i fanti spagnuoli che avevano militato in Verona e nello esercito franzese e viniziano intorno a quella cittá, che lo seguitassino alla recuperazione degli stati, de’ quali la state medesima era stato cacciato dal pontefice: cosa persuasa con grandissima facilitá, perché a soldati forestieri, assuefatti nelle guerre a’ sacchi delle terre e alle prede e rapine de’ paesi, nessuna cosa era piú molesta che la pace alla quale vedevano disposte tutte le cose d’Italia. Però deliberorno seguitarlo circa cinquemila fanti spagnuoli, de’ quali era il principale Maldonato, uomo della medesima nazione ed esercitato in molte guerre; a’ quali s’aggiunsono circa ottocento cavalli leggieri sotto Federigo da Bozole, Gaioso spagnuolo, Zuchero borgognone, Andrea Bua e Costantino Boccola albanese, tutti condottieri esercitati e di nome non disprezzabile nelle armi: tra i quali di riputazione molto maggiore, per la nobiltá della casa e per i gradi che insino da tenera etá aveva avuti nella milizia, era Federigo da Gonzaga signore di Bozole, stato uno de’ piú efficaci instrumenti a persuadere questa unione, mosso non solamente per il desiderio di accrescere con nuove guerre la fama sua nell’esercizio dell’armi e per la amicizia grande che e’ teneva con Francesco Maria, ma ancora per l’odio che aveva contro a Lorenzo de’ Medici; perché quando in Lorenzo de’ Medici fu trasferita, per la infermitá di Giuliano suo zio, l’autoritá di tutte l’armi della Chiesa e de’ fiorentini, gli avea denegato il capitanato generale delle fanterie concedutogli prima da Giuliano. Questo esercito adunque, da essere stimato per la virtú molto piú che per il numero o per gli apparati che avessino di sostentare la guerra (perché non avevano né danari né artiglierie né munizioni né, da cavalli e armi in fuora, alcuna di quelle tante provisioni che