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con tremila fanti, si occupasse l’Aquila facilmente: il che subito succedette, fuggendosene Ascanio Colonna, come intese si approssimavano.

Cominciorono con speranza grande i princípi di questa impresa: perché se bene il viceré, messa guardia ne’ luoghi vicini, attendesse a riordinarsi quanto poteva, nondimeno, essendosi resoluta una parte delle sue genti, un’altra distribuita per necessitá alla custodia delle terre, si credeva che resterebbe impegnato a resistere allo esercito terrestre; e però, che Renzo nello Abruzzi e l’armata della Chiesa e de’ viniziani, che erano ventidue galee, non arebbeno contrasto, portando massime tremila fanti di sopracollo, e andandovi Orazio con dumila fanti e la persona di Valdemonte, al quale il pontefice aveva dato titolo di suo luogotenente. Ma le cose procedevano con maggiore tarditá, perché l’esercito ecclesiastico non si era ancora il duodecimo dí di febbraio discostato da Frusolone, aspettando da Roma l’artiglieria grossa e che Renzo entrasse nello Abruzzi e che arrivasse l’armata; e aveva anche dato qualche impedimento e fatto perdere tempo, che i fanti di Frusolone, ammutinati, volsono la paga, come guadagnata per la vittoria. Abbandonorno nondimeno, a’ diciotto dí, le genti del viceré Cesano e altri castelli circostanti, e si ritirorno a Cepperano; per la ritirata de’ quali l’esercito ecclesiastico, il quale giá cominciava a patire di vettovaglie, passò San Germano; e il viceré, temendo della somma delle cose, si ritirò a Gaeta e don Ugo a Napoli. E nondimeno il pontefice, per la necessitá de’ danari e temendo della venuta innanzi del duca di Borbone, all’esercito del quale non vedeva pronta la resistenza de’ collegati, continuando nella medesima inclinazione della concordia con Cesare, aveva procurato che maestro Rossello in nome del suo re andasse al viceré: da che nacque che Cesare Fieramosca ritornò a Roma il vigesimo primo dí di febbraio; donde, esposte le sue commissioni, si partí il dí seguente, lasciato l’animo del pontefice confusissimo e pieno di irresoluzione. Al quale, perché non precipitasse all’accordo, i viniziani, al principio di marzo, offersono