Pagina:Guicciardini, Francesco – Storia d'Italia, Vol. V, 1929 – BEIC 1848561.djvu/126

Da Wikisource.
120 storia d'italia

V

Sfiducia del pontefice per l’esito della guerra e per gli scarsi aiuti del re di Francia e degli altri collegati; suoi timori per Firenze e per lo stato della Chiesa; suoi accordi con i rappresentanti di Cesare. Incauti provvedimenti del pontefice, troppo fiducioso negli accordi conchiusi; ostinazione dell’esercito imperiale nel volere seguitare la guerra. Inosservanza della tregua da parte dell’esercito imperiale. Il viceré, rassicurato il pontefice, tratta a Firenze con inviati del Borbone.

In questo stato essendo da ogni banda ridotte le cose, il pontefice, invilito per non avere denari (alla quale difficoltá non voleva porre rimedio col creare nuovi cardinali), invilito per non succedere secondo i primi disegni la impresa del regno, perché giá le genti sue per mancamento di vettovaglia si erano ritirate a Piperno, invilito perché le provisioni de’ franzesi amplissime di parole riuscivano, ogni dí piú, scarsissime di effetti, come continuamente avevano fatto dal primo dí insino all’ultimo di tutta la guerra. Perché, oltre alla tarditá usata per il re in mandare il primo mese della guerra i quarantamila ducati, in espedire le cinquecento lancie e l’armata marittima, oltre al non avere voluto rompere, come era obligato, la guerra di lá da’ monti, disegnato per uno de’ fondamenti principali di ottenere la vittoria, mancò eziandio nelle promesse fatte quotidianamente. Aveva promesso di pagare al pontefice, oltre alla contribuzione ordinaria, ventimila ducati ciascuno mese, perché rompesse la guerra al reame di Napoli; ed essendo dipoi succeduta la tregua fatta per lo insulto di don Ugo e de’ Colonnesi, confortandolo a non osservare la tregua, gli aveva riconfermato la medesima promessa, per servirsene o per la guerra di Napoli o per la difesa propria, e mandargli Renzo da Ceri, venuto appresso a lui per la difesa di Marsilia in grande estimazione: le quali cose, benché promesse insino al quinto dí di ottobre, si differirono tanto, per la tarditá loro per i pericoli terrestri e per gli impedimenti del mare, che Renzo non prima che ’l quarto dí di