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libro decimottavo- cap. viii 135

Le quali condizioni, benché gravi, approvate dagli oratori de’ confederati per separare totalmente il pontefice dagli accordi fatti col viceré, non erano approvate da’ principali: i viniziani improbavano Domenico Venereo, oratore loro, di avere conchiuso senza commissione del senato una confederazione di grave spesa e di piccolo frutto, per la vacillazione del pontefice, il quale pensavano che a ogni occasione tornerebbe alla prima incostanza e desiderio dello accordo, e il re di Francia esausto di danari, e intento piú a straccare Cesare con la lunghezza della guerra che alla vittoria, giudicava bastare ora che la guerra si nutrisse con piccola spesa; anzi, se bene nel principio, quando intese la tregua fatta dal pontefice, gli fusse molestissima, nondimeno, considerando poi meglio lo stato delle cose, desiderava che il pontefice disponesse i viniziani, senza i quali egli non voleva fare convenzione alcuna, ad accettare la tregua fatta.


VIII

Deliberazione del Borbone di marciare contro Roma, e lentezza del pontefice nel prendere provvedimenti. Scarsa sollecitudine dei romani alla richiesta d’aiuti del pontefice. Deliberazioni dei collegati di inviare milizie a Roma; fiducia di Renzo da Ceri nella possibilitá di difendere Roma, e fiducia del pontefice in lui. Assalto dell’esercito tedesco a Roma, morte del Borbone; sacco della cittá. Milizie de’ collegati sotto Roma, donde subito si ritirano.

Ma in questo tempo il pontefice, al quale era molesto essersi trasferita la guerra in Toscana ma pure manco molesto che se si fusse trasferita in terra di Roma, soldava fanti e provedeva a’ denari, ma lentamente; disegnando di mandare Renzo da Ceri con gente contro a’ sanesi e anche assaltargli per mare, acciò che Borbone, implicato in Toscana, fusse impedito a pigliare il cammino di Roma: benché di questo gli diminuisse ogni dí il timore, sperando che, per le difficoltá che aveva Borbone di condurre inverso Roma le genti senza vettovaglie e senza denari, e per l’opportunitá che aveva