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276 | storia d'italia |
speranza di mandare tremila fanti, che per sospetto della venuta del principe a quelle bande avevano mandato nello stato di Urbino, nondimeno, non volendo dispiacere al pontefice, riuscí promessa vana: solamente dettono i viniziani al commissario di Castrocaro danari per pagare dugento fanti. E non ostante che quel senato e il duca di Ferrara trattassino continuamente di comporre con Cesare, nondimeno, perché questa difficoltá lo facesse piú facile alle cose loro, confortavano i fiorentini a difendersi.
XV
Due erano allora principalmente i disegni de’ fiorentini: l’uno, che l’esercito ritardasse tanto a venire innanzi che avessino tempo a riparare la loro cittá, alle mura della quale pensavano che finalmente si avesse a ridurre la guerra; l’altro, cercare di placare l’animo di Cesare, eziandio con l’accordare col pontefice, pure che non fusse alterato la forma della libertá e del governo popolare. Però, non essendo ancora successo l’esclusione de’ loro imbasciadori, avevano mandato uno uomo al principe di Oranges, ed eletti imbasciadori al pontefice; instando, quando gli significorono la elezione, che insino allo arrivare loro facesse soprasedere lo esercito: il che ricusò di fare. Però il principe, fattosi innanzi, batté e dette l’assalto al borgo di Cortona che va a l’Orsaia, nella quale cittá erano settecento fanti; e ne fu ributtato. In Arezzo era maggiore numero di fanti; ma Antoniofrancesco degli Albizi, commissario, inclinato ad abbandonarlo per paura che il principe, presa Cortona, lasciato indietro Arezzo, non andasse alla volta di Firenze, e che prevenendo a quelle genti che erano seco in