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a trovarlo: dove ricevuto dal papa con grandissimo onore, e alloggiato nel palazzo medesimo in stanze contigue l’una all’altra, pareva, per le dimostrazioni e per la dimestichezza che appariva tra loro, che fussino continuamente stati in grandissima benivolenza e congiunzione. Ed essendo giá cessato il sospetto della invasione de’ turchi, perché l’esercito loro, presentatosi insieme con la persona [di Solimanno] innanzi a Vienna, dove era grossissimo presidio di fanti tedeschi, non solo avevano dati piú assalti invano ma ne erano stati ributtati con grandissima uccisione, in modo che diffidandosi di potere ottenerla, e massime non avendo artiglieria grossa da batterla e stretti da’ tempi che in quella regione erano asprissimi, essendo il mese di ottobre, se ne levorono, non ritirandosi a qualche alloggiamento vicino ma alla volta di Costantinopoli, cammino credo di tre mesi; però trovandosi Cesare assicurato di questo sospetto, che l’aveva prima inclinato, non ostante l’acquisto di Pavia, a concordare col duca di Milano, e però mandato a Cremona il Caracciolo, ma ancora indotto a persuadere al pontefice il pensare a qualche modo per la concordia co’ fiorentini, acciò che spedito dalle cose di Italia potesse passare con tutte le genti in Germania a soccorso di Vienna e del fratello: ma cessato questo sospetto, cominciorono a trattare delle cose di Italia.

Nelle quali quella che premeva piú al pontefice era la impresa contro a’ fiorentini; e in questa anche Cesare era molto inclinato, sí per sodisfare al pontefice di quello che si era capitolato a Barzalona come perché, avendo la cittá in concetto di essere inclinata alla divozione della corona di Francia, gli era grata la sua depressione. Però, essendo in Bologna quattro oratori fiorentini al pontefice e facendo anche instanza di parlare a lui, non volle mai udirgli, se non una volta sola quando parve al pontefice; da chi prese anche la sostanza della risposta che fece loro. Però si conchiuse di continuare la impresa e (perché la riusciva piú difficile che non era paruto al pontefice) di volgervi quelle genti che erano in Lombardia, se nascesse occasione d’accordo co’ viniziani e con