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e le donne con vestimenti inculti e poverissimi, non piú vestigio o segno alcuno di botteghe o di esercizi per mezzo de’ quali soleva trapassare grandissima ricchezza in quella cittá, e l’allegrezza e ardire degli uomini convertito tutto in sommo dolore e timore.

Confortògli nondimeno alquanto la venuta del duca di Borbone, persuadendosi che, poi che secondo era fama aveva portato provisione di denari e che per la ritirata dello esercito de’ collegati parevano alquanto diminuite le necessitá e i pericoli, avessi anche in parte a mitigarsi tante gravezze e acerbitá; e molto piú sperorono che il duca, al quale era publicato essere dato da Cesare il ducato di Milano, avesse, per benefizio suo e per conservarsi per interesse proprio piú intere l’entrate e le condizioni della cittá, a provedere che e’ non fussino piú cosí miserabilmente lacerati. La quale speranza restava loro sola, perché per gli imbasciadori mandati a Cesare comprendevano non potere aspettare da lui rimedio alcuno, o perché per essere troppo lontano non potesse per la salute loro fare quelle provisioni che fussino necessarie o, per essere in lui (come piú volte aveva dimostrato l’esperienza) molto minore la compassione delle oppressioni e miserie de’ popoli che il desiderio di mantenere, per interesse dello stato suo, l’esercito; al quale non provedendo, a’ tempi, de’ pagamenti debiti, non poteva né egli né i capitani proibire che si astenessino dalle insolenze e dalle ingiurie: e tanto piú che i capitani, e per acquistare la benivolenza de’ soldati e perché lo essere ogni cosa in preda era anche con emolumento loro, non avevano ingrata questa licenza militare; poiché, per mancare i pagamenti, avevano qualche scusa di tollerarla. Però, congregati insieme in numero grande tutti quegli che in Milano avevano qualche condizione piú eminente che gli altri, dimostrando nel volto negli abiti ne’ gesti lo stato miserabile della patria e di ciascuno di loro, si condusseno con molte lacrime e lamenti innanzi al duca di Borbone; al quale uno di loro, a chi fu imposto dagli altri, parlò, secondo intendo, in questa sentenza: