Pagina:Guicciardini, Francesco – Storie fiorentine dal 1378 al 1509, 1931 – BEIC 1849436.djvu/44

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e col braccio publico gli inimici sua e quanta ombra e sospetto aveva nella cittá; el popolo prese le arme per lui e, dubitando della vita, corse a casa gridando volere vederlo, e lui si fece alle finestre con grande gaudio di tutti, e finalmente in quello giorno lo ricognobbe padrone della cittá; fugli dato per privilegio dal publico potessi per sicurtá della sua vita menare quanti famigli armati voleva drieto; ed in effetto si insignorí in modo dello stato, che in futurum rimase liberamente ed interamente arbitro e quasi signore della cittá, e quella potenzia che insino a quello di era stata in lui grande ma sospettosa, diventò grandissima e sicura. E questo è el fine delle divisione e discordie civile: lo esterminio di una parte; el capo dell’altra diventa signore della cittá; e’ fautori ed aderenti sua, di compagni quasi sudditi; el popolo e lo universale ne rimane schiavo; vanne lo stato per ereditá e spesse volte di uno savio viene in uno pazzo, che poi dá l’ultimo tuffo alla cittá.