Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
BARRIERA ARETINA. | 17 |
Grandioso ed elegante al tempo stesso era quel fortilizio, tanto che il Divin Michelangiolo lo teneva in gran pregio e suoleva dire che Montalbano era uno dei più bei castelli che egli avesse veduto.
Fin che il castello fu della famiglia Tedaldi, essa ebbe cura di conservarlo e di riparare ai guasti del tempo, ma nel 1538, quando Bartolo Tedaldi con testamento del 22 novembre, ne lasciò la metà alla chiesa di S. Andrea a Rovezzano, vennero i tempi tristi per la Rocca. L’altra metà nel XVIII secolo pervenne nei Morelli, ma la suddivisione in due proprietà non era troppo propizia al mantenimento di Montalbano che cominciava già a cadere in rovina. L’erudito Gamurrini, descrive lo stato in cui trovavasi la Rocca Tedalda, quando la ebbero i Morelli ed io riporto testualmente le parole di lui.
«Quando passò a’ Morelli aveva un pratello quadrato sostenuto da muraglia merlata che serviva di basamento particolarmente dal lato di ponente. A mezzogiorno aveva un prolungato torrione al basso fortificato da barbacani, coronato in alto da galleria merlata. Altra più piccola torre sorgeva da settentrione ed a questa attestava l’intermedio corpo della fabbrica nel centro dominato da una terza torre più elevata dell’altra. Posteriore all’antica costruzione del castello era un basso fortilizio che vi attestava a settentrione e l’aspetto di tutto il fabbricato coronato di merli e interrotto da torri era grave ed imponente.»
Col volger degli anni, alcune parti dell’edifizio caddero in rovina, altre furono modificate per adattarle agli usi moderni, talché alla vecchia rocca non rimasero che le mura perimetrali, rafforzate da robusti barbacani, de’ torrioni scapezzati e dei tratti di fabbrica mascherati dall’intonaco dipinto di un antipatico colore giallognolo.
Ridotto a semplice e modesta villa, Montalbano appartenne modernamente ai Della Ripa, ai Conti Ludolf, ai Bolla. Il Comm. Bolla la fece restituire all’aspetto primitivo di castello, sulla scorta delle molte tracce rimesse in vista e dell’accurata descrizione del Gamurrini.
Oggi è di proprietà della famiglia Monzani.