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annotazioni alle canzoni ascetiche e morali 323


interpretata come «e’ pèr» si potrebbe intendere: e il bene che in esso è limitato di grandezza e di tempo, spesso père, finisce; cioè è caduco.

v. 92: «pagare», cioè: appagarsi. E cosí nel v. seg.: Eh! l’anima eterna non può essere appagata da un bene temporale, né la voglia infinita da un bene finito.

v. 123: «esto e mio...». Non questo soltanto, ma ogni mio detto. Il Val. invece: «Esto mio...».

v. 128. Cfr. Not. 3. Intendo: se guadagno la vostra signoria, nella qual cosa rimango manchevole, cioè non ostante la mia pochezza, non può il bene convertirmisi in male, né la gioia in angustia.

XXXII. v. 50. Lo stesso verso è nel son. 23.

v. 54. Intendo: tanto maggior danno e tormento vi trova chi piú ad esso è avvinto; e vi ha tanto piú male che bene chi piú ci si compiace anziché annoiarvisi.

v. 65. Seguo la lez. di A, intendendo: nel quale ci si mostrasse per un istante una gioia pura.

v. 67. Non mi par dubbio che si parli del cuore; e il fuggire verso la morte indichi il precipitare incessante verso la perdizione, anziché l’inesorabile fuga del tempo verso la fine della vita terrena. Tuttavia i mss. B C I leggono «corpo» invece di «core»; ma v. in proposito le mie osservazioni in Not., 5.

v. 87: «villia», viltá, è lez. di A; gli altri mss.: «gran villania».

v. 104. Il Pellizz. (p. 202) spiega: «non fu mai veduto un contratto cosí lucroso» e nota l’«egoismo duro, sordido, spietato... e la grettezza di cuore, che aduggia non una sola, ma tutte le poesie morali di G.». La rinuncia alle gioie ed ai piaceri del mondo è rinuncia d’un valore altissimo; e scambiarlo con la vita eterna non può non sembrare gran cosa al cuore pieno di fervore ascetico. Ci sembra che cosí debba intendersi il passo e non sia da scorgere qui contratti lucrosi o scambi piú o meno convenienti.

v. 111. Per ricondurre il v. alla misura è necessario scostarsi un poco dai mss., dei quali A legge: «sene di spirito», cioè «s’ène di sp.», e gli altri: «selue di sp.» cioè: «se lu è di sp.», se lui è di sp. ecc. Il metro, e non il metro soltanto, si avvantaggia con l’omissione di «lu».