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Ecco il Venturi, che in suoi versi rese
  Infame l’Assemblea, che Ignazio accolse
  Efigendo da lei più belle imprese. 138
Che l’uno e l’altro a condannar si volse
  Le arti più belle, e quegli egregi studj,
  Onde a barbarie omai l’uomo si tolse; 141
A’ quai convien che ognuno attenda, e sudi,
  Per coltivar lo spirto, e i suoi costumi
  Render di vizio, e di rozzezza, ignudi; 144
E acciò faccia sgorgar di Pindo i fiumi,
  E sia signor d’alta scienza, e canto,
  Ed il suo nome tutto il mondo allumi; 147
Ed alla Patria, e a’ Genitor, gran vanto
  Apporti; dopo ancor l’ultimo passo
  Memoria lasci d’uomo illustre e santo. 150
Or’io ravviso perch’è voto, e casso,
  L’Ostello Calabronico di gente,
  Che vada altera in Pindo, ed in Parnasso; 153
E perchè i saggi non stimin niente
  Tanti libracci, inde appestaro il mondo,
  E de’ quali il fetor lungi si sente. 156
E che non vanno di dottrina al fondo,
  E sprezzano i presidi di quelle Arti,
  Che sole posson riquadrare il tondo. 159
Onde nell’opre lor mancan le parti
  Migliori, e son nella somma infelici;
  E alla veste non fan da buoni Sarti. 162
Questo è velluto, se tu a sorte dici;
  Dunque è bello il Vestito? e’ vi vuol taglio
  Adatto, ed altre simili appendici. 165
Se dice un Calabron, Io non incaglio;
  Questa è Teologia; che gran dottrina!
  Dirogli; o Frate mio, tu prendi sbaglio. 168
Veder bisogna come si cucina
  La tua pietanza, perchè il tuo Fagiano
  Mal condito, sia men, che una Gallina. 171
Che gran cosa il narrar lo stato umano
  Di un Dio! ma pur ridicola diviene,
  Se in narrarla non ha giudizio sano. 174
Se vuoi dir d'olio che sgorgar le vene
  Al nascer suo; e gl’Idoli cadero
  Al suo passar per Menfi, e per Siene; 177
Ed ebbe per compagno un Lion fiero:
  E simil fanciullesche altre novelle,
  Che non han pur di fondamento un zero. 180