Pagina:I promessi sposi (1825) II.djvu/42

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tudine, con grazia affettuosa, come se fosse stato un gran personaggio; e con un garbo ineffabile, dimenava adagio adagio la frusta, a destra e a sinistra, per domandare agl’incomodi vicini che si ristringessero e si ritraessero un po’ sui lati. “Di grazia,” diceva egli pure, “i miei signori; un po’ di luogo, un tantinetto: appena appena da poter passare.”

Intanto i benevoli più attivi si adoperavano per fare lo sgombro domandato così gentilmente: alcuni dinanzi ai cavalli facevano ritirar le persone, con buone parole, con un mettere di palme sui petti, con certe spinte soavi: “là, là, un po’ di luogo, signori.” Altri facevano lo stesso maneggio ai lati della carrozza, perch’ella potesse scorrere senza arrotar piedi, nè infranger mostacci; che, oltre il male delle persone, sarebbe stato porre a un gran repentaglio l’auge di Antonio Ferrer.

Renzo, dopo essere stato qualche momento a vagheggiare quella decorosa vecchiezza, conturbata un po’ dall’angustia, aggravata dalla fatica, ma animata dalla sollecitudine, abbellita, per così dire, dalla speranza di torre un uomo alle angosce mortali, Renzo, dico, pose da canto ogni pensiero di andarsene; e risolvette di dar mano a Ferrer, e di non abban-