Pagina:I promessi sposi (1825) II.djvu/51

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nel largo. Quivi Ferrer, mentre cominciava a dare un po’ di riposo a’ suoi polmoni, vide il soccorso di Pisa, quei soldati spagnuoli, che però in sull’ultimo non erano stati affatto inutili, giacchè sostenuti e diretti da qualche borghese, avevano cooperato a mandare in pace un po’ di gente, e a tenere il varco libero all’ultima uscita. All’arrivare della carrozza, fecero essi ala, e presentaron l’arme al gran cancelliere, il quale rendette anche qui un inchino a destra, un inchino a sinistra; e all’ufiziale, che venne più presso a presentargli il saluto, disse, accompagnando le parole con un cenno della destra: “beso a usted las manos:” parole che l’ufiziale pigliò per quel che volevano dir realmente, cioè: mi avete dato un bell’aiuto! In risposta, fece un altro saluto, e si strinse nelle spalle. Era veramente il caso di dire: cedant arme togae; ma Ferrer non aveva in quel momento la fantasia rivolta a citazioni, e del resto sarebbero state parole al vento: perchè l’ufiziale non sapeva di latino.

A Pedro, nel passare tra quelle due file di micheletti, tra quei moschetti così rispettosamente elevati, tornò in petto il cuore antico. Rinvenne affatto dallo sbalordimento; si ricordò chi egli era, e chi conduceva; e gridando

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