Pagina:I promessi sposi (1825) III.djvu/342

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trò per uno di quelli, e si trovò nel quartiere delle donne. Quasi in sul primo passo che vi diede, gli venne veduta per terra una campanella, di quelle che i monatti portavano ai piedi, intera, co’ suoi laccetti; gli cadde in cuore che un tale strumento avrebbe potuto servirgli come di passaporto là entro; lo ricolse, guardò se nessuno lo guardava, e se l’allacciò. E tosto die’ principio alla ricerca, a quella ricerca, che, per la moltiplicità sola degli oggetti sarebbe stata fieramente gravosa, quand’anche gli oggetti fossero stati tutt’altri; cominciò a scorrer con l’occhio, anzi a contemplar nuove scene di guai, così simili in parte alle già vedute, in parte così dissimili: chè, sotto la stessa calamità, era qui un altro patire, per dir così, un altro languire, un altro dolersi, un altro sopportare, un altro compatirsi e soccorrersi a vicenda; era, in chi guardasse, un’altra pietà, per dir così, e un altro ribrezzo.

Aveva già fatto non so quanto di strada, senza frutto e senza accidenti; quando s’intese dietro le spalle un “oh!” una chiamata, che pareva venire a lui. Si volse e vide, a una certa distanza, un commissario, che levò le mani, accennando a lui proprio, e gridando: “là nelle stanze, chè v’è bisogno d’aiuto: qui è appena finito di spazzare.”