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CAPITOLO XXX. 573


L’innominato troncò quelle parole, domandando premurosamente le nuove di Lucia; e sapute che l’ebbe, si voltò per accompagnare al castello i nuovi ospiti, come fece, malgrado la loro resistenza cerimoniosa. Agnese diede al curato un’occhiata che voleva dire: veda un poco se c’è bisogno che lei entri di mezzo tra noi due a dar pareri.

“Sono arrivati alla sua parrocchia?” gli domandò l’innominato.

“No, signore, che non gli ho voluti aspettare que’ diavoli,” rispose don Abbondio. “Sa il cielo se avrei potuto uscir vivo dalle loro mani, e venire a incomodare vossignoria illustrissima.”

“Bene, si faccia coraggio,” riprese l’innominato: “ché ora è in sicuro. Quassù non verranno; e se si volessero provare, siam pronti a riceverli.”

“Speriamo che non vengano,” disse don Abbondio. “E sento,” soggiunse, accennando col dito i monti che chiudevano la valle di rimpetto, “sento che, anche da quella parte, giri un’altra masnada di gente, ma... ma...”

“E vero,” rispose l’innominato: “ma non dubiti, che siam pronti anche per loro.”

— Tra due fuochi, — diceva tra sé don Abbondio: — proprio tra due fuochi. Dove mi son lasciato tirare! e da due pettegole! E costui par proprio che ci sguazzi dentro! Oh che gente c’è a questo mondo! —

Entrati nel castello, il signore fece condurre Agnese e Perpetua in una stanza del quartiere assegnato alle donne, che occupava tre lati del secondo cortile, nella parte posteriore dell’edifizio situata sur un masso sporgente e isolato, a cavaliere a un precipizio. Gli uomini alloggiavano ne’ lati dell’altro cortile a destra e a sinistra, e in quello che rispondeva sulla spianata. Il corpo di mezzo, che separava i due cortili, e dava passaggio dall’uno all’altro, per un vasto andito di rimpetto alla porta principale, era in parte occupato dalle provvisioni, e in parte doveva servir di deposito per la roba che i rifugiati volessero mettere in salvo lassù. Nel quartiere degli uomini, c’erano alcune camere destinate agli ecclesiastici che potessero capitare. L’innominato v’accompagnò in persona don Abbondio, che fu il primo a prenderne il possesso.

Ventitre o ventiquattro giorni stettero i nostri fuggitivi nel castello, in mezzo a un movimento continuo, in una gran compagnia, e che ne’ primi tempi, andò sempre crescendo; ma senza che accadesse nulla