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6 I ricordi del Capitano D'Arce

I cocci rotti avevano dovuto pagarli gli altri, gli amici di casa, il Comandante stesso, pover’uomo, diventato un orso, un Otello, una bestia feroce. Ti rammenti, Serravalle, quando la signora Ginevra ti si svenne o quasi nelle braccia, ballando in casa Maio? Era tanto delicata, poveretta! E le piaceva tanto il ballo, che suo marito, per la tranquillità dell’alcova coniugale, si rassegnava ad essere di tutte le feste, insieme a lei.

Ma con che viso ci veniva, quell’uomo! Come faceva cascar le braccia ai poveri ufficialetti che gli arrivavano freschi freschi dalla Spezia o da Livorno, e che s’immaginavano di disarmarlo pigliandolo colle buone! Anch’io, purtroppo, ero nella lista dei sospetti. Non so per qual motivo — perchè ero più gentile e premuroso degli altri, perchè gli ero simpatico, perch’ero amico d’Alvise, fors’anche.... Giudizi umani! Il fatto è che nell’animo del Comandante ero un uomo perduto. Tante cose me l’avevano fatto capire; quel diavolo d’uomo aveva un modo di piantarvi gli occhi in faccia per dirvi buongiorno, che v’imbarazzava realmente. E le ingiustizie del superiore, le punizioni e gli arresti che piovevano come gragnuola, l’ordine d’imbarco comunicatomi per te-