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Meglio prima! Meglio prima!


Dalla cordialità vivace, con cui Roberto Auriti lo accolse, l’Agrò comprese subito ch’egli ignorava ancora la pubblicazione di quel turpe articolo. Presentò il Mattina, ossequiò la signora.

Donna Caterina aspettò che i primi convenevoli fossero scambiati e che i due amici esprimessero la gioja di rivedersi dopo tanti anni; o riprese, rivolta all’Agrò:

— Per carità, monsignore, glielo dica anche Lei, che è amico sincero. Qua siamo tra noi. Anche questo signore, se l’ha condotto Lei, sarà amico. Io voglio persuadere mio figlio a non accettare questa lotta.

— Mamma.... — pregò Roberto, con un sorriso afflitto.

— Sì, sì, — incalzò la madre. — Lo dicano Loro. Che ha fatto egli e perchè, in nome di che cosa viene oggi a chiedere il suffragio del suo paese? Forse in nome di tutto ciò che fece da giovinetto, in nome del padre morto, in nome dei sacrifizii e degli ideali santi per cui quei sacrifizii furono fatti e quello strazio sofferto? Ma farà ridere!

— Oh, no, perchè, donna Caterina? — si provò a interrompere il canonico Agrò, ponendosi una mano al petto, quasi ferito. — Non dica così.

— Ridere! ridere! — riprese quella con più foga. — Perchè dica un po’ Lei come quegli ideali si sono tradotti in realtà per il popolo siciliano? Che n’ha avuto? com’è stato trattato? Oppresso, vessato, abbandonato e vilipeso! Gli ideali del Quarantotto e