Pagina:Ida Baccini, La mia vita ricordi autobiografici.djvu/286

Da Wikisource.
278


Io sono una donna di idee e di gusti molto semplici e nutro ancora un culto profondo per certe grandi idealità del passato che i giovani moderni credono il patrimonio dei codini e dei rimbambiti. Adoro quindi l’arte, il lavoro, la bontà, la fede. Il dolore mi ha insegnato a vivere.... e sopratutto a lasciar vivere. E se ho scritto molto, anzi moltissimo, di educazione e di istruzione, non hanno ispirato le parole e gli scritti una sciocca manìa di predicatrice, ma il desiderio sincero del bene di tutti.

Sono molto pacifica e molto paziente di carattere. Sopporto di buon animo i dolori e le amarezze fino a che mi è possibile; fino a che esse non minaccino seriamente la serenità del mio pensiero. In questo caso per non cedere, fuggo.

La reazione non è mai stata il mio forte, nè ho — d’altra parte — energìe sufficienti per compiere il male. Ecco forse la ragione per cui generalmente sono tenuta in conto di persona buona.

Sono molto tenace negli affetti e so voler bene a chi se lo merita: ma quando la malvagità degli uomini è riuscita a menomare la potenza del mio affetto, non è più possibile che nell’anima si riaccendano la stima, l’amicizia e l’amore. Tronco allora bruscamente la relazione, anche se molto intima, e il mio naturale buon senso m’aiuta a vincere l’amarezza del primo dolore. Non conservo rancore, ma il mio cuore è morto, morto per sempre. È capace del perdono, ma non risuscita più.

Le sventure di ogni genere m’ispirano la più grande pietà; se posso cerco di sollevarle; ma non incoraggio colla mia compassione l’avvilimento di chi è infelice,