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tera circolare un po’ gonfia e pomposa aveva invitato tutte le donne italiane a fare onore alla gentile ispiratrice di Dante, scrivendo un libro che fosse interamente dedicato alla sua memoria.

Quando fui bene informata della cosa, io non riuscii a manifestare il mio scontento per quella rievocazione inutile di una gloria che a me pareva in qualche modo scroccata, per quella ricostruzione morale di una donna la cui personalità era stata soltanto avvivata dall’amore e dal genio Dantesco, per quella nulla e insignificante creatura diventata simbolo di bellezza e di bontà soltanto nell’animo di un poeta, e protestai subito contro il centenario, in un focoso articolo che mi dette anche l’occasione di canzonare, secondo il mio solito, la stupefacente prosa della signora Carlotta Ferrari da Lodi1


  1. Riporto qui l’articolo, un po’ troppo birichino e sarcastico forse, ma certo sincero, e per molti lati (almeno per quello che sembra a me) giusto.

    Illustrissima signora Direttrice della Cordelia.
    Una signora di merito come Lei, ha il diritto di aspettarsi corrispondenze dalle regioni più lontane, nè può quindi meravigliarsi se una Cinese, un’Australiana, una Ottentotta o un abitante dell’ultima Lapponia le fanno sapere per mezzo della posta, del telegrafo o dei piccioni viaggiatori che l’hanno carissima e la tengono in gran conto.
    Ma dica la verità, cara Direttrice, una lettera dal Paradiso Lei non se l’aspettava, — nè io — guardi come sono schietta — avrei mai pensato a scrivergliela, se proprio non mi ci avessero, come suol dirsi, tirata pei capelli. Veda e giudichi. Ma che dico? Prima di vedere e di giudicare è necessario che Ella faccia meco un viaggetto all’indietro in mezzo a quel labirinto di bugie, di iperbole e di bricconate che lor signori chiamano Storia. Fortuna che alcuni eruditi hanno inventato la critica sto-