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Siccome ogni mattina ella si recava alla vicina chiesa di San Giovannino de’ Cavalieri per ascoltarvi la messa, così si era offerta di condurmi essa stessa a scuola.

La mia sorella e la mamma le raccomandavano spesso di raccontare alle maestre le mie cattiverie e di esortarle a mettermi in penitenza: oppure le proibivano di comprarmi il companatico della merenda. La sora Polda prometteva tutto, ma appena eravamo fuori si faceva raccontare le mie birichinate, ci rideva di cuore, mi prometteva di non dir nulla alle maestre e mi metteva nel pianerino quando una crazia di salame, o le bruciate o un grappolo d’uva o un cartoccino pieno di farina dolce, tutte cose di cui ero ghiottissima.

— Mi raccomando, non tradirmi! — mi diceva prima di lasciarmi.

E io, seria seria:

— Stia tranquilla!

E non l’ho tradita mai, neppure quando la mamma messa alla disperazione dalla mia irrequietezza, diceva al babbo o ad altri di casa, puntando l’indice verso di me:

— La cattiva! Nessuno le vuol bene! Neppure la signora Polda!



Io non so dove riposano i tuoi poveri resti, cara amica dei miei anni infantili: perciò nè rose ho potuto portarti mai, nè altri tributi d’affetto: possa quindi questo ricordo allietare d’un sorriso umano (sorridono le buone anime in cielo?) l’alta serenità del tuo spirito immortale.