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XV.

Tra la calzetta e la letteratura.

Il babbo, intanto si trovava disoccupato e per quanto l’ospitalità del povero Drea fosse affettuosa e relativamente larga, noi non potevamo rimanergli troppo a lungo a carico.

Molti amici s’erano impegnati di trovargli un’occupazione: ma, come avviene quasi sempre in simili casi, le promesse fioccavano da tutte le parti, ma rimanevano allo stato di... promesse.

Un giorno, non so come, si venne a parlare d’una certa signora Saletti, antica nostra pigionale della casa di via delle Ruote, e un po’ amica della mamma: qualcuno disse che suo figlio Brandimarte occupava un ufficio importante al Municipio di Firenze: che ne era niente meno, il segretario generale. Fu un lampo di luce.

Decidemmo subito, la mamma ed io, di andar da quel signore e di pregarlo — in nome dell’antica amicizia corsa fra le due madri — di far qualche cosa per il babbo.

Detto fatto: ci presentammo, fummo accolte gentilmente, anzi affettuosamente; e il commendatore Saletti impiegò quasi subito mio padre nell’ufficio dello stato civile: ufficio in cui rimase trent’anni, cioè fino alla sua morte.