II
Ed Elio quindi verso le tènebre volse i cavalli,
L’ore adducendo del vespro. Ed ecco, tornando dall’erba,
giunsero i pingui armenti diretti ai recinti e a le stalle;
e le giovenche, l’une su l’altre, migliaia e migliaia,
giunsero poscia: a vederle, sembravano nuvole acquose,
quando movendo vanno pel cielo, ché a tergo le spinge
con la sua forza Bora, che giunge di Tracia, oppur Noto:
vanno per l’aria cosí, senza numero, senza mai fine,
perché quante la forza del vento ne rotola innanzi,
tante si levan di nuovo, si addensano l’una su l’altra.
Cosí, l’un dietro l’altro giungevan gli armenti dei bovi.
E il pian tutto suonò, suonarono tutti i sentieri
d’alti muggiti, tutti s’empierono i campi feraci
delle moventi mandre: fûr colmi di bovi dal tardo
passo i recinti, pieni di pecore furono i chiusi.
Niun dei famigli qui vicino ai giovenchi ozïava,
sebben fossero tanti, che tu non potevi contarli;
ma questi attorno attorno ai pie’ delle vacche adattava
di cuoio ben tagliato le strambe, per munger da presso:
altri spingeva i figli lattonzoli sotto le madri,
perché bere a lor posta potessero il latte soave:
chi porgea secchie, chi faceva rapprendere il cacio,
altri spingeva i tori nel chiuso, e le femmine a parte.
Augèa, facendo il giro, guardava per tutte le stalle