Pagina:Il Buddha, Confucio e Lao-Tse.djvu/15

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x introduzione

Tien o Scian-ti dei Cinesi, piuttosto che un Dio personale, con tutti quegli attributi, che noi diamo alla divinità, è una forza provvidenziale, indefinita, che si fa sentire in tutti gli eventi mondani; e che anche potrebbe agguagliarsi a quella forza della natura, che opera, libera da qualsivoglia ingerenza soprannaturale, secondo leggi costanti, invariabili (come vuole la scienza moderna) e necessariamente inerenti alla materia. Nelle antiche credenze del popolo cinese eravi, è vero, il culto per certi Genii e divinità speciali, de’ quali più oltre avremo occasione di parlare; ma gli scritti di Confucio, se non li negano, tali Dei, non ne asseriscono però l’esistenza: in essi scritti non si distoglie il popolo da un tal culto; ma si scorge che il filosofo cinese non aveva molta fede in quegli esseri soprannaturali, e non partecipava agli stessi sentimenti del volgo. Solo, forse, in alcune delle più nebulose dottrine di Lao-ze, si può intravedere il trono vaporoso per riporvi qualche divinità, al nostro modo di concepirla; ma in tutto il resto del mondo turanico sarebbe difficile trovarle un posto ben definito, e che bene le si addicesse. Comunque sia, se tra le popolazioni mongoliche pur si trova una sbiadita immagine di divinità, certo è che un tale Iddio ebbe presso quelle nazioni pochissima parte ne’ fatti loro; non si rivelò mai nè a profeti, nè a legislatori; e tutto al più si lasciò adorare, mantenendosi nel più