Pagina:Il Buddha, Confucio e Lao-Tse.djvu/27

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xxii introduzione

intendesse di parlare del Buddha, quando narrò d’un santo re dell’India, che egli chiama Βουδύαζ.1 Strabone, appoggiandosi all’autorità di Magastene, dice anch’egli come nell’India ci fossero due sètte: quella dei Brammani e quella dei Garmani; ed in quest’ultimi s’è voluto vedere i seguaci di Çâkyamuni, che avevano anche il nome Çramana.2 I Garmani di Strabone sono chiamati da Clemente Alessandrino Sarmani, con parola che più si avvicina alla parola sanscrita; ed anzi questo autore ne fa menzione, come di persone che obbedivano ai precetti d’un certo Bούττα, adorato come un Dio.3

Anche una leggenda della vita del fondatore della Religione buddhica era già da gran tempo penetrata in Europa, e la si conosceva come quella d’uno dei santi del martirologio romano. Intendo parlare della leggenda di Barlaam e Josafat, che sembra risalire al VII secolo, e che formava uno dei romanzi sacri, tra i più popolari e i più diffusi, del medio evo. Josafat,


  1. ή ἰνδιχή, c. 8.
  2. La più antica menzione dei Buddhisti è indubitatamente quella che ne fa Arriano. Il citato passo di Erodoto non è certo che si riferisca ai seguaci di Çâkyamuni, potendosi anche riferire ai Brâhmani. Di più è da notare contro tutt’e due queste supposizioni, che nel cap. 101 lo stesso Erodoto dice che quegli uomini, a’ quali egli allude nel detto passo, erano di color nero, simili agli Etiopi.
  3. Στρωματεἰζ l. i.