Pagina:Il Buddha, Confucio e Lao-Tse.djvu/293

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222 parte prima

Il Tournour ha dato alcuni frammenti di questi commentarii o Atthakathâ, nel J. A. S. Calcutta, 1838, p. 16.

  III. Abhidhammapitaka (Abhidhama pitagatu). Nel canone del Ceylon, del Siam e della Birmania, è la parte più breve del Tripitaka. Si compone di sette opere:

1. Dhammasanganipakarana (Dammathinyakâmi), II commento porta il nome di Atthasâlini.

2. Vibhangapakarana (Vittin), il cui commentario è detto Sammoha vinodani.

3. Dhâtukathâpakarana o Kathâvatthu (Kathvattu). Nei commenti fattivi da Buddhagosha si trovano importanti notizie intorno al terzo concilio e alle dottrine degli scismatici.

4. Puggalapaññattipakarana o Puggalapamatti (Punggalapignia).

5. Dhâtukathâ o Kathavatthupakarana (Datugatta).

6. Yâmakapakarana o Yamaka (Yamaik).

7. Patthânapakarana (Patan).

I commentarii di Buddhagosha a quest’ultima parte del Tripitaka sono detti Sammovino dana e Sattaka.

I libri sacri della Religione buddhica cominciarono a conoscersi in Europa, nella prima metà del secolo presente. Fu il Brian Houghton Hodgson, rappresentante politico della Compagnia delle Indie a Khatmandu nel Nepal, che circa il 1821 giunse a sapere come nei monasteri di quel paese si conservassero alquanti manoscritti sanscriti, i quali si diceva contenessero la dottrina di Çâkyamuni. L’Hodgson si procurò da un vecchio prete di Patun un catalogo di questi libri; e più tardi, anche alcuni dei libri stessi. La tradizione diceva che i monaci del Nepal conservavano, nei loro conventi, queste scritture, fin dal secondo secolo dell’èra nostra, e che esse provenivano dal paese di Magadha. Ma più facilmente de’ detti manoscritti, l’Hodgson ebbe pure nello stesso tempo libri stampati in lingua tibetana, che passavano anch’essi per scritture buddhiche. Nel 1825 i dotti d’Occidente ebbero contezza di questa importante scoperta scientifica; e la Società asiatica del Bengala ricevette in dono, dallo scopritore, sessanta volumi in San-