Pagina:Il Buddha, Confucio e Lao-Tse.djvu/327

Da Wikisource.
252 parte prima

una Enciclopedia sinico-giapponese si trova la nota seguente, sul tempo in cui questa religione incominciò a professarsi nei tre reami Kao-li, Pai-ci e Hsin-lo, ne’ quali si divideva anticamente la Penisola Coreana: — «L’anno secondo del re Hsiao-shu-lin del paese di Kao-li, Fu-kien re del paese di Chin mandò gente nella detta terra di Kao-li, perchè vi portasserò libri e immagini di Çâkyamuni, e vi propagassero la Legge di lui. E ciò avvenne il 2.° degli anni hsien-an, regnante nella Cina Kien-wên-ti della dinastia Cin (= 373); ossia il 60.° anno del regno dell’imperatore giapponese Nintoku (= 373). — L’anno 29.° del re Hsiao-ku del paese di Pai-ci [corrispondente al 2.° degli anni ning-khang, regnante Hsiao-Wu-ti dei Cin (= 375), o al 62.° del nominato monarca del Giappone] si cominciò a introdurre e adoperare la scrittura, fino allora sconosciuta in questo reame; e il 9.° degli anni tai-yüan della medesima dinastia cinese dei Cin (= 385), mentre nel paese di Pai-ci regnava Wan-shou, un Bonzo venuto dalla Cina, fu da quel re ricevuto con molto onore al palazzo, e d’allora nella contrada si ebbe conoscenza della Legge del Buddha; e l’anno appresso si edificò un convento sul monte Han, e vi ebbero dieci monaci. — L’anno 15.° di Fa-hsing re di Hsin-lo, ossia il 2.° degli anni ta-thung, regnante in Cina Wu-ti dei Liang (= 529), e nel Giappone essendo giunto al suo 22.° anno di regno l’imperatore Keitei (= 529), s’incominciò a propagare nel detto legame Hsin-lo la religione di Gâutama. Per lo innanzi si narra, che uno Çramana per nome Mo-hu-tse andò dal paese di Kao-li a quello di J-shan-na, la cui gente, quasi selvaggia, abita le caverne; quando l’imperatore cinese dei Liang mandò a regalare sostanze odorifere al sovrano di que’ barbari. Il principe che non sapeva che fosse nè a che servisse tal dono, ne domandò Mo-hu-tse; il quale gli disse, che se egli avesse bruciato quelle sostanze, ne sarebbe uscito tanto e così soave profumo da essere veramente degno d’arrivare fino ai santi e agli Dei; e non essendovi nulla di più santo e divino della Trinità,