Pagina:Il Buddha, Confucio e Lao-Tse.djvu/399

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324 parte seconda

e di progresso. Quest’uomo, a cui alludo, era uno dei principi dei varii regni, in cui allora si divideva la Cina: di quello di Thsin, che era tra’ più grandi. Chiamavasi Cêng-shih; ambiziosissimo, secondo alcuni, e progenie d’un cocchiere, il quale riuscì a sedere sul trono dell’antico padrone; secondo altri, invece, di stirpe reale, coraggioso e amante del suo paese. Plebeo o nobile, animato da ambizione o da patriottismo, fece un’opera grande, ch’ebbe resultati immensi pel benessere e la prosperità di una grande nazione; e la storia può senza esitare registrarne il nome tra’ suoi più illustri. A noi non spetta narrare qui le gesto di questo monarca famoso; solo c’incombe l’obbligo di menzionare il fatto, che rese odiosa la sua memoria ai dotti della Cina e dell’Europa: l’incendio dei libri, che avvenne per suo comando. Ma non posso lasciar di notare, che, distrutti i feudi e riuniti sotto uno stesso scettro i varii reami, stabilì un governo solo e un’amministrazione uniforme a tutto l’Impero; il quale estendevasi dal Deserto di Gobi al Mar Giallo, dalla Corea al Tonkino: costruì strade per mettere in comunicazione le più lontane provincie, fece un’accurata statistica generale dei suoi Stati, e innalzò una muraglia, che si vede anc’oggi, e si prolunga per circa venti gradi di longitudine, affine di difendere il paese dai nomadi del settentrione: l’anno 221 av. C. prese il titolo di Thsin Shih-Huang-ti, o «Augusto Primo imperatore della Cina».

Thsin Shih-Huang-ti sarebbe stato volentieri l’amico dei letterati; ma i letterati non lo vollero per tale. Egli non somigliava a Yao nè a Shun; non aveva nulla che ricordasse Wên-wang o Wu-wâng; il Khi-lin, quest’animale favoloso, che a dir dei Cinesi si fa veder per le campagne, quando siede sul trono un sovrano, il quale