Pagina:Il Buddha, Confucio e Lao-Tse.djvu/435

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360 parte seconda

esercitare liberamente e pienamente quella tendenza al bene che gli vien da natura; il secondo, quando delle facoltà celesti dell’animo umano si veggono manifestamente gli effetti nelle società degli uomini.

Ed ora importa appunto sapere quali sono queste facoltà, esercitando le quali si arriva al benessere proprio, a quello della famiglia e a quello dello Stato. La traduzione letterale del passo che si riferisce a questo soggetto, e col quale comincia il testo, di cui ora parliamo, è la seguente: — «La Dottrina del Ta-hsio sta nell’illustrare (o far risplendere ming) la virtù o la potenza intellettiva (Ming-teh)»;1 passo che ho tradotto liberamente così: sta tutta nel vivificare, esercitare e mettere in piena luce le facoltà e le buone disposizioni, che l’uomo ha avute dal Cielo o dalla Natura.

Che cosa è dunque quello che i Cinesi chiamano Ming-teh? Questa espressione, dicono i commentatori indigeni, vale precisamente lo stesso dell’altra Thien-ming. Il lettore che si rammenta quel che abbiam detto intorno al Ming e al Thien-ming, poco più d’un’ottantina di pagine addietro,2 comincerà a intender di che cosa si tratta; colui che non vorrà prendersi questa briga, vada pure avanti, che, spero, intenderà lo stesso.

I commentatori dicono che l’espressione Ming-teh vale l’altra Thien-ming: la quale poi ha lo stesso valore e significato di quel che il Cung-yung, il secondo dei Classici, chiama Thien-ming-ci-sing «Natura, che è disposizione celeste». Parlando ora del Cung-yung, noi verremo dunque a dire della «sostanza» del Ta-hsio.


  1. Lett. «La virtù luminosa»: ming «illuminare» o «luminoso» vuol dire anche «intelligente».
  2. Pag. 275-278.