Pagina:Il Buddha, Confucio e Lao-Tse.djvu/527

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450 parte seconda

alla vita pubblica; lasciarono i loro ufficii, si ritirarono dalla società degli uomini, ed elargirono le loro ricchezze a’ bisognosi, conservando solo per sè un nome incorrotto. D’allora in poi, tutti i filosofi solitarii rinunziarono alla gloria e alle vanità del mondo; e non ebbero altro in animo che l’acquisto d’una longevità rigogliosa, scevra da tutte le disgrazie e da tutti i pericoli, che s’incontrano nel cammino della vita.

In quanto larga copia ha fluito l’inesauribile sorgente della sapienza di Lao-tse! E quanto inestimabil beneficio hanno arrecato al mondo quelle salutevoli acque! Maestro a infinito numero di generazioni lo han detto il Cielo e la Terra; e il suo discepolo Cuang-ceu1 lo ha proclamato sovrano patriarca della Dottrina taose».

Qui termina la leggenda più compiuta, che si abbia della vita di Lao-tse. Altri scritti di simil genere, ma di minore importanza, novellano di lui cose anche più maravigliose. Vogliono per esempio ch’egli esistesse avanti la manifestazione d’alcuna forma corporea; e che fosse presente allo svolgimento del gran caos, come uno spirito aleggiante per l’immenso spazio vuoto e tenebroso. Il suo corpo ebbe una serie infinita di trasformazioni, prima di diventare uomo. Finalmente al tempo che regnava in Cina Yang-kia (1408-1401 av. C.), entrò nel seno di una donna per nome Yüan-miao-Yü-niu; vi stette ottantun’anni, e dopo venne al mondo in forma umana: e questo accadde l’anno quattordicesimo del regno di Wu-ting (1310 av. C.). Al tempo di Wu-wang de’ Ceu (1122-1115 av. C.) si recò nell’India e nel reame di Tao-khi, e fece ritorno in Cina, durante il regno di


  1. Vedi pag. 466 e seg.