Pagina:Il Buddha, Confucio e Lao-Tse.djvu/595

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518 parte seconda

La religione che professavano i Giapponesi, prima che il Buddhismo, il Confucianesimo e il Taoismo fossero introdotti in quell’arcipelago, vien chiamata Shin-tô: nome che vale in nostra lingua «Dottrina degli Dei» o «Dottrina degli Spiriti»; poichè la voce Shin non è che la cinese Shén, che tante volte abbiamo avuto occasione di menzionare. Shintô non è dunque parola prettamente giapponese; ma appartiene a quella specie di dialetto cinese, che si mescolò all’antica e bella lingua di Yamato,1 quando la scrittura e la letteratura dell’Impero di Mezzo passarono colà, che fu verso la fine del terzo secolo. L’espressione usata da’ Giapponesi, quando in giapponese vogliono chiamar la fede de’ padri loro, per distinguerla dalla dottrina del Buddha e di Confucio, è Kamino mici, che vuol dir medesimamente «Dottrina degli Dei».

Ora innanzi tratto è di mestieri dire che cosa s’intenda per Kami, voce che noi abbiam tradotto «Iddio». Kami è nome, col quale si chiamano tutti gli esseri di natura soprumana, tanto d’origine celeste, quanto d’origine terrestre, i quali si trovano menzionati nelle antiche scritture del Giappone; e viene anche dato agli spiriti, i quali si suppone abitino i templi consacrati a cosiffatti esseri. In appresso questi nomi si diedero anche agli uomini che addimostrarono straordinarie capacità: ed eziandio agli animali, alle piante, ai mari, ai monti, e a tutto quello che addimostra alcun che fuor dell’ordinario e del naturale. Fra gli uomini degni d’un siffatto titolo stanno in primo luogo i Mikadi; i quali nelle antiche poesie sono appellati Tôtsu kami «Iddii lontani»; con la quale


  1. Yamato, nome d’una delle più importanti province del Giappone, il quale è oggi usato pure per indicare tutta intera l’isola Nippon, la più grande dell’arcipelago.