Pagina:Il Buddha, Confucio e Lao-Tse.djvu/95

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24 parte prima

del peccato e della morte.1 Non appena Siddhârtha uscì fuori dalla città Kapilavastu, che una voce gli si fece udire che dissegli: «Principe, perchè lasci la tua dimora? Se tu resti, io ti prometto il dominio di gran numero di genti: ti prometto tutti i regni del mondo e la loro gloria, onorandoti re dell’universo (cakravarttîrâja).2 Ritorna dunque alla tua reggia: e deponi gl’insani propositi, che ti nacquero nell’animo». — «Chi sei tu?» domandò il giovane alla voce che gli parlava: «Io sono il Dêva Mâra» rispose la voce. — E il principe allora: «Vattene, o Mâra, esclamò, tutti i beni della terra non avrebbero potenza di trarmi al tuo volere. Io cerco la Scienza (Bodhi), e non desidero tesori nè regni; vattene lungi dal mio cospetto, o Pâpiyan, tu non hai potere


  1. Burnouf. ii, 548. — Mâra, che propriamente vuol dir morte, presso i Buddhisti significa il tentatore o il cattivo genio; è anche detto Pâpiyan, il peccatore, o anche Dêva Mâra Pâpiyan. I Tibetani lo chiamano Bdud-sdig-jan (Bdud, il demonio), ovvero Hdod-pa, concupiscienza; i Cinesi, Mo-wang o Mo; gli scrittori buddhici del Burman, Manh, che vuol dire orgoglio, ozio, pigrizia. — Mâra è spesso rappresentato che ferisce i mortali con l’arco e le frecce che gl’impresta Kâma, il Dio dell’amore; e riceve sovente i nomi e gli attributi di Kâma stesso, col quale lo vediamo affatto identificato. Kâma, la concupiscenza, l’appetito, l’amore, che, secondo il Rigveda, fu il primo seme generatore dell’anima (Lib. x, inno 129°), è pe’ buddhisti il male personificato, il nemico della pace, colui che cerca di porre ogni ostacolo alla salute degli uomini.
  2. Secondo il Wilson (Vishnu Purâna) egli è colui che abita e governa un vasto territorio o cakra, da cui è venuto il nome di cakravartin. Secondo altri invece questo monarca aveva tale appellazione, probabilmente perchè un cakra, o disco, lo precedeva, come segno di autorità, quando egli si recava a visitare il territorio da lui governato. (Hardy, M. B. p. 126-127). Vedi anche nota 3 a pag. 15.