Pagina:Il Catilinario ed il Giugurtino.djvu/169

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118 il giugurtino

se, comandando che tutte l’altre cose fossono preda do’suoi. Per quella cotal paura molli uomini furono dati per statichi a’ Romani; eforraento e altre cose, che fossono per mestieri1 abbondevolmente dale; e Metello là, dovunque bisognava, pose gente a guardare e difendere. Questi cotali fatti spaventavano il re molto più che la battaglia male combattuta da’ suoi: perocché egli, la cui speranza era tutta posta nella fuga, ora era costretto di seguitare; e, non avendo potuto difendere le sue luogora, gli convenia far battaglia nell’altrui. Ma pertanto, secondo il male, prese quel consiglio che più ottimo parea: egli spessamente comandava alla sua oste che si stessono e aspeltassono in certi luoghi; e egli cogli eletti cavalieri seguitava Metello di notte; e, ondando fuor di vie e subitamente, non provveduto da’Romani, quegli, ch’andavano spargendosi in qua e in là, sì gli assalio: e molli di loro, essendo disarmati, furono morti, e molli presi; e niuno ne campò che toccato non fosse. E li Numidi, anzi che dall’oste venisse l’ajuto, siccom’era loro conlaudato, si partirono e andarono ne’più prossimani colli,

CAPITOLO XLIII.

Come di Metello essendo grande fama, egli tanto più si studiava a prodezza; e come Giugurla l’assalio.

Infra questo a Roma venne grande allegrezza, saputi i fatti di Metello: come egli sè e sua geute a’costumi e modi degli maggiori governava2; e com’egli, essendo slato in luogo molto contrario, per sua virtù era stalo vincitore; e come avea molta terra de’ nimici; e come Giugurta, il quale era magnifico per la miseria d’Albino 3, egli l’avea costretto d’avere speranza di sua salute in diserto4 ovvero in fuga. Onde il senato per queste cose bene e avventurosamente fatte fece orazioni e sacrjficii agli Dii immortali; e la ciltà, spanrala5 prima e sollicita dell’avvenimento della battaglia, venne in grande allegrezza: di Metello era grande e chiara fama. Per la qual cosa egli lanto più attesamente studiava a vittoria, e in tutti modi avacciava, gnaulandosi che in niuna parte cadesse in concio al suo nimico6. Avea in memoria che dopo la gloria séguita l’odio e la

  1. che fossono per mestieri) Essere mestieri o mestiere vale abbisognare. Qui f. lìarlolommeo ha usato essere per mestieri in luogo di esser mestieri, ne a noi pare bel modo.
  2. com’egli sè e sua gente ay costumi e modi degli maggiori governava) Primamente facciamo osservare quell’a1 costumi e modi degli magglori, dove la particella a è adoperata in luogo di secondo, conforme-, il rhe elegantemente si può fare ancora oggi. Appresso vogliamo che si ponga pur mente al bel modo in che è adoperato il verbo governare, il quale qui significa quel tener che si fa una certa regola nell’operare, o nel guidar le cose proprie ole altrui.― Così il Pandolhni: Ottimi sono questi documenti-, ma ec. in chc modo voi disporreste le cose, in che modo ci governereste?
  3. il quale era magnifico per la miseria <P Albino) Il latino qui legge: magnificum ex Auli sucordia-, onde miseria quic da prendere in sentimento di dappocaggine. viltà.
  4. diserto, luogo solitario e abbandonato.
  5. spaurato, participio passato del verbo spaura re lo stesso che spaurito, ovverò impaurito.
  6. adesse in concio al suo nimico). Cadere in concio è lo stesso che cadere in taglio, cioè