Pagina:Il Catilinario ed il Giugurtino.djvu/194

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il giugurtino 143

che è per l’altrui virtù, attribuiscono a sè; a me por la mia medesima noi concedono: certo perdi’ io non ho Immagini, e perchè è nuova la nobiltà mia; la quale certo migliore è aversela partorita da sè, che la ricevuta da altrui a»cre corrotta. E certo io so che, s’eglino già mi vorranno rispondere, egli hanno abbondanza di bel parlare, e di composte ed ornale dicerie. Ma nel grandissimo vostro beneficio, da ch’egliiio in ogni luogo e me e voi di mal dire mordono e conturbano, non m’è piaciuto di tacere, acciocché non alcuno lo temperamento e’I tacere recasse a mia mala coscienza. Chè me certo per sentimento di mio animo niuna diceria puote contristare: perocché la vera è bisogno che ne predichi pur bene; la falsa, la vita e li costumi miei vincono e passano. Aia,perocché incolpano li vostri consigli, li quali a me sovrano onore e grandissimo Tatto avete imposto; pensate e ripensate bene se di ciò sia da pentere1. Non posso io, per cagione di far fede, dimostrare immagini, uè trionfi, o consolali di miei maggiori: ma, se ’I fatto richieggia, a ciò io vi posso mostrare aste, e gonfaloni, e coverte2, e altri cavalleresciii adornamenti; anche li segni delle fedite dinanzi dal mio corpo. Queste sono le mie immagini, questa è la mia grandezza, non lasciata a me per eredità, siccome quella a coloro. ma la quale io co’ miei molti perìcoli e fatiche ho acquistata. Non sono composte le parole; poco faccio ciò; la virtù «è medesima dimostra assai: a coloro bisogna arte di parlare, acciocché li loro laidi fatti per dicerie vadano ricoprendo. Nè ho io apparato lettere greche: poco mi piacea d’appararle; perocché, quanto u virtù, a’loro dottori non aveano fatto niente di prò. Ma in quelle cose, che sono moltp ottime alla repubblica, sono io bene ammaestralo: il nemico fedire, fortezze combattere, niuna cosa temere se non la sozza fama: verno e tempesta egualmente patire; in sulla terra posare; in un medesimo tempo povertà e fatica sostenere. Con questi cotali comandamenti conforterò jo li militi: e non terrò loro a stretta3 e me in abbondanza; nè farò mia gloria in lor fatica. Questo cotale è l’utile, questo cotale è il cittadinesco e ragionevole imperio. Perchè, quando tu te medesimo per dilicala mollezza vogli trattare, e tua gente per afflizione e pena costringere, questo è essere crudele signore, non buono imperadore. Queste cose, eh’io dico di fare, e altre cotali facendo, li nostri maggiori e sè e la repubblica feciono onorevole. Della cui memoria li gentili d’ora guarniti, e eglino da loro molto dissimiglianti di costumi, noi seguitatori della loro vita dispregiano; e tulli onori, non per merito, ma quasi per debito, domandano da voi. Ma eglino,siccome uomini superbissimi,sono molto errati4:

  1. se di ciò sia da pentere) Pentere si disse anticamente in luogo di pentiref che rggi solo si dee usare.
  2. coverta o coperta qui si vuole intendere quell’abbigliamento che si attacca alle bestie da cavalcare e cuopre loro il dorso; che dicesi an* t he copertina.
  3. non terrò loro a stretta) A stretta qui vale a penuria, in disagio; e in questo sentimento sol c.m questo esempio l’aggiunse il p. Cesari al suo Vocabolario.
  4. sono molto errali) Essere errato c bel mod o