Pagina:Il Catilinario ed il Giugurtino.djvu/253

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al medesimo lempo il verno chiudevami il mare. Così, non per forza de’nemici, costretto a ritornar nel mio regno, per fortuna di mare appresso Paro ed Eraclea perdei con le navi il fiore de’ soldati. Rifatto dipoi l’esercito appresso Cabira, e varie battaglie tra me e Lucullo camballute, fummo nuovamente amendue assaliti dalla penuria di vettovaglie. A lui rimaneva il regno di Ariobarzane punto non tocco da guerra; io, essendo a me d’intorno ogni luogo guasto e disertato, mi ritrassi in Armenia; e i Romani, seguendo non me, ma il lor costume di sovvenir tutti i regni, poichè per la strettezza de’luoghi impedirono alla molti-r Indine di poter combattere, l’imperizia di Tigrane ostentan per loro vittoria.

Or, di grazia, considera se, essendo noi vinti ed oppressi, possa mai avvenire o che tu divenga più forte a contrastar loro, o che debba aver fine la guerra. Io so bene che tu hai gran copia d’oro, d’arme e di gente; ma questo fa che noi chiediamo la tua confederazione, e che quelli si sforzino di farti lor preda. Tigrane, per altro, avvisa che noi, lasciando intatto il tuo regno, lungi da casa tua, con gli agguerriti miei soldati e con le nostre persone potessimo agevolmente por fine alla guerra; ma non pertanto nè vincere nè vinti esser possiamo senza tuo pericolo. Ignori fu forse che i Romani, poichè l’Oceano fermò d’occidente i loro passi, qua rivolsero le loro armi? e che niente, se non per furto e per rapina, sin dal principio non ebbero, case, mogli, campi, imperio?


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