Pagina:Il Lago Maggiore, Stresa e le Isole Borromee - Vol. 1.pdf/223

Da Wikisource.

— 204 —

essere stata compresa tra i luoghi assegnati sino dal tempo dei re Longobardi al fisco regio, e che come tale sia potuto venire in potere dei re Carolingi, che loro successero e nel titolo e nei diritti e da questi di mano in mano in quello dei re e Imperatori di stirpe Germanica e finalmente dello stesso Arrigo. Questo spiegherebbe altresì le successive smembrazioni del suo territorio in più parti, quante furono le donazioni fatte da essi alle Chiese ed ai monasteri, quale sarebbe a cagion d’esempio quella della Corte di Vergonte al monastero di S. Pietro in Pavia, e le tante modificazioni delle proprietà avvenute in questi tempi, e il passaggio quasi continuo e ripetuto di uno in altro di questi beni, del quale sebbene non si abbiano notizie speciali per ciascun luogo, in generale però possiamo dire di averne positive testimonianze. Fatta quindi ragione dei tempi, tale io credo potesse essere stata la condizione dell’Ossola all’epoca dei Carolingi, della quale ci occupiam di presente.

Ciò posto, non dubito anche di asserire, che essendo l’Ossola in buona parte, che tutta non oserei dire, patrimonio regio, nella divisione, che si fece del territorio di Milano in più contadi, essa sia stata compresa in quello prossimo di Stazona. Questo darebbe ragione eziandio dell’asserzione di parecchi scrittori delle cose del nostro Lago, che la giurisdizione cioè di questo contado si estendesse in antico dalle vette del Sempione a quelle del Gottardo e spiegherebbe da ultimo la unione per questo mezzo dell’Ossola con Milano anche rispetto il governo spirituale; nulla ostando per questo, che fossero comprese entro i limiti di esso contado pure le regie Corti o i patrimonii, che dir si vogliano regii, sebbene esenti da ogni dipendenza dai conti locali; della qual cosa non occorre ora recare esempio veruno, tanti ne vedremo in appresso.

Certo un residuo dell’antica estensione del contado di Stazona lo abbiamo ancora nella descrizione che ne fa il Giulini

    Ardoino del 23 marzo 1002, col quale dona a Pietro Vescovo di Como omnem illam partem de castro Brizona (così, più sotto Berizona), quae ad nostram publicam pertinuit tam intus quam foris, etc. Fu pubblicato dal Provana, l. c. p. 363 e seg. sotto il n.º 23.