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Sulla fine di questo stesso anno Ottone fece incoronare re d'Italia suo figlio, Ottone II, e l'anno appresso (963) si portò ad espugnare la fortezza di S. Leo, dove se ne stava tuttavia rinchiuso Berengario colla moglie colà egualmente ricoveratasi. Amendue caddero in potere di lui, che li mandò prigioni in Bamberga (964). Morì Ottone l'anno 973, e gli successe nella doppia corona di Germania e d'Italia il figlio, che poco godette di esse, morto nella fresca età di anni ventotto nel 983, lasciando un unico figlio, Ottone III, incoronato imperator de'Romani l'anno 996, e morto di circa ventidue anni nel 1002. Nota il Muratori ne'suoi Annali (anno 989), che sotto di quest'ultimo furono introdotti i conti rurali, cioè signori di qualche castello, esenti dalla giurisdizione dei conti delle città.

I grandi però del regno d'Italia non poco disgustati della condotta degli ultimi due Ottoni, vollero alla morte del III ritentare la prova di scuotere il giogo della Germania eleggendo in re d'Italia un principe della propria nazione. Si accordarono quindi un buon numero di essi di porre il diadema sul capo di Ardoino marchese d'Ivrea, incoronato solo ventiquattro giorni, dopo la morte di Ottone III in Pavia (1002). Ma sia che la condotta pure di questo non sia stata da poi tale, quale doveva o si credeva dovesse essere, sia che l'ambizione de'principi non fosse da lui appagata, ovvero anche che essi stessi, principalmente i Vescovi e gli abati, sieno stati lesi da lui nei propri diritti1, certa cosa è che la discordia entrò in mezzo a loro, e molti di essi si buttarono a parteggiar per Arrigo, re di Germania, e ad esortarlo a scendere in Italia. E vi scese egli di fatto nel 1004 e vi fu anche tosto incoronato re in Pavia.

Ardoino privato per tal maniera del trono non si perdette però d'animo, e colta l'occasione, che Arrigo erasene tornato in Germania, uscì in campo di nuovo e riprese il suo regno col favore in parte di quei medesimi principi, che avevano la-

  1. Ho già incidentemente altrove accennato ciò che Ardoino fece soffrire tra gli altri al Vescovo di Novara, e il modo, col quale fu questi ricompensato della sua fedeltà dall'Imperatore Arrigo (V. pag. 194 e segg.).