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CAPO XXXI.


Periodo IV.


Della Repubblica di Milano e delle lotte intestine tra i nobili e i plebei, che apparecchiano la strada alla signoria dei primi (1162-1276).


Non contento l'orgoglioso Federico di aver distrutta l'infelice Milano, e di averne dispersi dovunque i miseri cittadini, volle anche proseguire nelle sue barbare sevizie persino coll'insulto, commettendo il governo delle città della Lombardia a podestà la maggior parte tedeschi, i quali con gravi balzelli e dazii e angherie d'ogni maniera le oppressavano di continuo. Una tale condotta inasprì siffattamente i Lombardi, che giurarono di vendicarsi.

Egli intanto venuto in odio di tutti e abbandonato persino dai suoi più fidi, non tenendosi omai più sicuro in Italia, risalì in Germania. I Milanesi approfittarono di questa assenza di Federico per rifabbricare la propria città e rialzarne le abbattute fortificazioni, concorrendo in quest'opera pietosa coloro stessi, che prima acciecati dall'ira s'erano messi a disposizione del barbaro per inferocire contro dei proprii fratelli. Al tempo stesso si diedero segretamente a maneggiare cogli altri popoli vicini un'alleanza, che è conosciuta sotto il nome di Lega Lombarda, a fine di essere in grado di resistere ad una nuova discesa dell'oppressore. Questa lega fu nell'aprile del 1167 giurata in Pontida dai rappresentanti delle vicine città di Brescia, Lodi, Novara e Vercelli e di altre ancora. A tali notizie Federico arse di sdegno e, sceso nuovamente in Italia, mise al bando dell'impero le città collegate, ma non