Pagina:Il Libro dei Re, Vincenzo Bona, 1886, I.djvu/201

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Animoso s’immerse. Ecco! destavasi
Dal suo torpor de’ principi la mente,
945A quel nuotar de’ lor destrieri. In alto
Si tenean dessi con gli eretti corpi,
Come fa il sol che della notte l’ombre
Squarcia fuggenti. Alfin, l’opposta riva
Attinser tutti, di pugnar bramosi,
950Indi a le mura dirizzâr lor passi
Di Beyt-el-Mukaddès. — Quando la gente
Pehlèvico sermon parlando usava,
Gang i Dizh-hùkht quella città famosa
Si dicea; ma nell’arabo sermone
955Essa è Casa di Dio. Sappi tu adunque
Che là di re Dahàk sorgean le case.
     E poi che dal deserto alle bastite
Si avvicinàr della città superba,
D’aver preda bramosi in quelle mura
960I nuovi eroi, levò, ben che lontano
D’un miglio ancor, gli occhi lucenti il sire,
E dentro alla città d’un gran palagio,
Degno di re, vide le torri. Gli astri
Quella dimora superar parea,
965Parea che giù dal ciel gli astri lucenti
Rapir dovesse quell’altezza. Il loco
Splendea di Giove come l’astro in cielo,
Ostel di voluttà, d’amor, di gaudio
E di quiete profonda. Era cotesta
970Dell’uom de’ serpi la dimora, e il seppe
Fredùn e ben notò qual si spiegava
Magnificenza e regal fasto in quelle
Case superbe, sì che, volto a’ suoi,
Temo, compagni miei, disse, che l’uomo
975Che al cielo sollevò dal suol profondo,
Dalla terra deserta e tenebrosa,
Mole si eccelsa, per secreto patto
Gol destino si afforzi. Or però dentro