Pagina:Il Marchese di Roccaverdina.djvu/99

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a Poggiogrande, il padrone era lui. Spendeva e spandeva con le donne; tanto meglio. Mi pareva rassicurante segno di fedeltà al giuramento. A lei avevo regalato, in dote, anche quella casa vicino a casa mia. Essa veniva da me tutti i giorni, con la scusa di aiutare nelle faccende mamma Grazia, che non ha mai sospettato niente, e che la soffriva malvolentieri. E davanti a tutti, io conservavo con gran scrupolo le apparenze. Mi son divagato con questo giuoco.... fino all’istante che cominciò a infiltrarmisi nell’animo il bieco sospetto. Per quali indizi? Non saprei dirlo precisamente. Perdei la pace. Ella se n’accorse sùbito; e il suo contegno più non fu schietto e sincero come prima. Ah, che fiera trafittura pel mio cuore! La gelosia mi faceva spalancare gli occhi su ogni minimo atto di Rocco e di lei, ma mi dava insieme forza di dissimulare. Ora egli non correva più dietro alle donne. Aveva perseguitato con le sue insistenze la bella moglie di Neli Casaccio.... Poi, si era chetato; lo ha confermato pure essa, nella sua deposizione davanti al giudice istruttore.... Perchè? Come mai?... Avrei dovuto prevederlo!... Erano sposi davanti alla Chiesa e alla legge; erano giovani e costretti a vivere nella stessa casa, a vedersi quasi tutti i giorni.... Ma.... non avevano accettato il patto? Non avevano giurato? Se si fossero presentati a me e mi avessero confessato: — Non vogliamo, non possiamo più! — io.... non so che cosa avrei risposto,