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206 emilio salgari

nel firmamento non regnava oscurità completa. Un vago chiarore, scialbo, d’una trasparenza incredibile, regnava lassù e si proiettava sulle acque dell’oceano, permettendo agli uomini di quarto di spingere i loro sguardi a distanze infinite.

Le acque, tratto tratto, parevano incendiarsi. Dai profondi abissi del mare salivano a battaglioni le meduse, mentre gli splendidi anemoni schiudevano le loro brillanti corolle rosee, bianche azzurre, gialle e violette, ondeggiando mollemente le loro frange sfolgoranti.

In mezzo a quelle ondate di luce sottomarina, di quando in quando si vedevano scivolare dei mostri, i quali spargevano il terrore e la confusione fra quei molluschi.

Ora erano dei charcharias, i sempre affamati squali; ora dei calamari giganti dal becco da pappagallo, gli occhi glauchi e fissi e i tentacoli coperti da ventose: ora invece, una massa enorme appariva bruscamente a galla, lanciando in alto spruzzi fiammeggianti e ricadendo poi con un tonfo cupo.

Era una balenottera dal dorso nero-verdastro, lunga una quindicina di metri, cetaceo ancora abbastanza comune nei mari intertropicali, nonostante la caccia accanita delle navi baleniere.

Sandokan e Yanez, quantunque la giornata fosse stata assai faticosa e nessun pericolo, almeno apparentemente, minacciasse la loro nave, non si erano coricati. Non era già per godersi quella splendida notte, nè per ammirare i fulgori variopinti degli anemoni, spettacoli oramai troppo noti a loro, vecchi naviganti dei mari della Malesia. Un segreto timore li tratteneva sul ponte. Camminavano con una certa agitazione, fermandosi sovente per fissare i loro sguardi verso ponente.

Quel fumo li preoccupava vivamente, temendo che quel legno fosse l’avanguardia di qualche flottiglia.

— Hai scorto qualche cosa? — chiese Yanez, verso la mezzanotte, vedendo Sandokan arrestarsi per la decima volta e puntare il cannocchiale verso ovest.

— Io giurerei d’aver veduto, alcuni minuti or sono, un punto bianco, splendidissimo, brillare nella direzione ove è scomparso quel pennacchio di fumo — rispose la Tigre.

— Il fanale del trinchetto di quella nave oppure una stella?

— No, Yanez: nè l’uno nè l’altra.

Poi, dopo una breve pausa, riprese:

— Credi tu che la squadra di Labuan non ci cerchi? Non sarà