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286 emilio salgari

squarci sotto la linea di galleggiamento. È fuggita vedendo giungere il vostro incrociatore.

— Ha saccheggiato la Marianna il suo equipaggio?...

— Sì, Tigre della Malesia. Ha portato via armi e munizioni.

— Ed i tuoi compagni dove sono?...

— Hanno guadagnato il Sedang.

— E tu sei rimasto?

— Non vi era più posto nella scialuppa, essendo stata l’altra spaccata da una palla di cannone.

— Non vi siete abboccati coi capi dayachi?

— Sì — rispose il pilota: — otto giorni or sono, ma nulla abbiamo potuto concludere. Il rajah, sospettando di loro, ne ha fatti imprigionare per precauzione una buona parte ed altri li ha esiliati lontani dalle frontiere.

— Maledizione! — esclamò Yanez. — Ecco una notizia che non m’aspettavo. Addio speranze!...

— Forse abbiamo tardato troppo — disse Sandokan. — Il rajah ci ha prevenuti.

— Che cosa faremo ora, Sandokan?

— Non ci rimane che lottare sul mare — rispose la Tigre della Malesia. — Ritorneremo verso il nord, giacchè il grosso degli alleati si trova nelle acque di Sarawack e riprenderemo la guerra contro le navi mercantili, arrecando alle linee di navigazione il maggior danno possibile. Se sarà necessario ci spingeremo fino sui mari della Cina. A bordo, amici!... Non perdiamo tempo.

Stavano per ridiscendere nella scialuppa, quando udirono un colpo di cannone rimbombare a bordo del Re del Mare.

Sandokan aveva trasalito.

— Che segnali la flotta degli alleati? — si chiese.

— Lo suppongo — rispose Yanez. — Vedo che si muove e che punta la prora verso di noi.

— Guardate! — gridò Tremal-Naik.

Verso l’ovest una luce vivissima illuminava l’orizzonte che poco prima era ancora tenebroso.

La flotta degli alleati, composta d’una mezza dozzina di navi, muoveva velocemente per impedire all’incrociatore di prendere il largo.

— Presto a bordo! — gridò la Tigre della Malesia.

Si lasciarono scivolare l’un dietro l’altro giù per la fune e la scialuppa mosse velocemente verso il Re del Mare, che dal canto suo le muoveva incontro.