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Pagina:Il Sofista e l'Uomo politico.djvu/116

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Il Sofista. 105

altro, rischia non essere molto più facile, per così dire, a riconoscersi, che non sia quella della divinità. Perocchè questi uomini comparendo in aspetti diversissimi in mezzo all’ignoranza altrui per le cittadi in giro vanno, 〈dico〉 non già i finti ma i veri filosofi, guardando dall’alto1 la nostra bassa vita; e ad alcuni sembrano gente di nessun conto, ad altri di moltissimo; e talora [D]ci compajono come uomini politici, talora come sofisti, e talora vi ha di quelli ai quali potrebbero dar l’idea che siano matti addirittura2. Dal nostro ospite pertanto, se non gli dispiace, io sarei contento di sentire, di queste cose che opinione hanno al suo paese3, e che nome [217]dànno loro.

Teod. Quali cose?

Socr. Il sofista, il politico, il filosofo4.

Teod. Su che proposito innanzi tutto e per che specie di difficoltà che tu abbia su di loro, t’è venuto in mente di fare la domanda?



  1. Cfr. il lucreziano “despicere unde queas alios„.
  2. Così pareva anche a Senofonte, che della speculazione filosofica veramente non capiva molto. Fa infatti anche lui dire a Socrate Mem. I 1. 13: “e quelli che vanno per la maggiore nel saper discorrere di coteste cose, non che la pensino ad un modo solo, sono gli uni rispetto agli altri come potrebbero essere i matti„. Del resto cfr. p. 242 C dove analogamente si dice che Parmenide pare conti la fola ai fanciulli.
  3. Intendi nella scuola eleatica.
  4. Perchè il dialogo del Filosofo non sia stato scritto veggasi nei Prolegomeni, cap. IV, § 2.