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140 LA PRIAPEA

CXLV.


O sia tu il ben venuto, messer Chieti;
     Vieni al giardino mio forse per fave?
     Se questo è vero, n’ho delle più brave,
     4E di quelle che piacciono a voi preti.
Ma se com’un de’ chierici discreti
     A me venuto sei per qualche chiave
     Per poterti poi chiudere in conclave,
     8N’ho da servir pontefici e profeti.
Se vuoi saper qualche novella ascosa
     Circa l’essere vicario di Cristo,
     11Dir te ne posso il parafo e la chiosa.
Per quel che già mill’anni se n’è visto,
     In quanto a me la non sarà gran cosa
     14L’essere Papa, perche sei gran tristo.


CXLVI.


In somma i frati fan le brutte cose
     Mentre alle suore vogliono uccellare,
     Ed occhi pur non hanno da guardare,
     4Che a messer Cristo chiavano le spose.
Almeno i preti le fan manco esose
     Se soglion caricarla alla comare,
     Per esser cosa da più pratícare,
     8Nè che tanto la vietano le chiose.
Ond’io direi, se fossi in ciò proposto,
     Che guai son tutti, e tutti son malanni,
     11Ma l’un peccato è di più poco costo.
Anzi s’io mi trovassi in questi affanni,
     Posto in elezzion, vorrei più tosto
     14Star ben con Cristo, che con san Giovanni.