Pagina:Il Vendemmiatore e La Priapea.djvu/181

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DI NICCOLÒ FRANCO. 173

gereal mondo le vostre rime, le quali mai non leggo che non torni a rileggerle. Bello è stato il sonetto che fate a’ lettori, e veramente si può egli dire quella vaga delicatezza, che solamente a guardarla in una cena mal’ordinata, invita i satolli non pur a voler assaggiarla, ma a trangugiarla. Bello non manco è il secondo fatto alle belle donne, e tale, che solamente il pensarci mi scancella del volto il rossore stampatoci dallo sdegno della mia penna. E veramente leggendosi avrebbe fatto il medesimo effetto che farà tosto il díalogo della bellezza, dove per reintegrarmi nella vostra grazia darò a vedere non pure alle vostre di Casale, ma a quelle dell’Italia, come io so dar conto non men delle belle donne che saprò darne de’ più infami e famosi uomini che vi siano. E benchè paja ciò poco scudo a difendermi nella lascivia degli scritti, sapendosi che di tutti i poeti sè la carta è lasciva, la vita è buona, non m’affatico a dirne altro, bastandomi questo con esso loro, sì come mi basterebbe appò i dotti dir solamente che il buon Virgilio nella sua giovinezza fece pure il medesimo ch’io nella mia ho fatto, ove i suoi vocaboli non meno erano nell’età sua chiari e da tutti usati, che sono nella mia quelli di che m’è convenuto servirmi per non torre al soggetto i decori suoi, abbenchè assai più colori per iscolparmi si veggano nel rimanente de’ quattro sonetti che voi mi fate, così in quello dove si loda l’opra, come nell’altro che indrizzate a me, ove pare che ecceda tutti