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DEL TANSILLO. 25

LXVI.


    Forse dolor di capo vi molesta
O bel guerrier, per l’elmo, ch’è sì greve,
Od il cimier, ch’avete su la testa
524Non è di penna, o d’altro che v’aggreve?
Donne mie saggie, è pur gran cosa questa,
Che il corno sia più che la penna lieve:
Son le corna sì lievi che sovente,
528Chi più n’ha sopra il capo, men le sente.

LXVII.


    Or s’avess’io, qual voi, le corna in fronte
Starei tra torti rami, e viti torte:
Ma voi, se quì sorgesse chiara fonte,
532Vedreste che l’avete, e non son corte.
Ecco che viene, e par che i passi conte,
Un di color, ch’ho in odio più che morte;
Bell’ordin certo, e convenevol parme,
536Il monaco venir dopo l’uom d’arme.

LXVIII.


    Così il guerrier col monaco confassi,
Come il leon col lupo si conface:
Ah superbo poltron, perchè ten passi
540Nè degni altrui, di dir: Dio vi dia pace?
Vai forse cheto e mesto, perchè lassi
Quella diletta che d’amor ti sface?
Ah lusinghier sfacciato, ch’un di dui
544Fai d’ogni tempo, o incorni, o scorni altrui.