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Pagina:Il buon cuore - Anno IX, n. 01 - 1º gennaio 1910.pdf/6

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6 IL BUON CUORE


veneranda educatrice che consacrò alla scuola tutte le doti di una mente eletta e ben nudrita, tutto l’affetto di un cuore materno, tutto un amor patrio profondamente sentito, tutto un fervore religioso tanto, da far ritenere che il pensiero e gli occhi della pia Signora fossero in tutta la sua lunga e luminosa carriera rivolti alle stelle.

La bella frase finale suscitò profonda commozione.

La marchesa Remigia Ponti diede l’attacco d’un applauso che riuscì formidabile.

Parlò di poi il Sindaco, il quale, con frasi forbite, constatò l’unanime consenso dell’autorità municipale, del corpo insegnante e delle allieve nel tributo d’onore dovuto all’esimia e nobile veterana della scuola, che specialmente per di lei merito, è ben degna di fregiarsi del nome del sommo poeta lombardo.

Così dicendo, il comm. Gabba, tra applausi irrefrenabili, consegnò alla Griseri la medaglia d’oro decretatale dal Municipio.

A questo punto tutti i presenti avrebbero voluto rievocare il passato e tenerlo fermo: avrebbero voluto riudire la voce squillante e autorevole dell’amata Direttrice.... Ma quella voce, soffocata dalla commozione, rimase silenziosa, e il prof. Venturi, facendosi interprete dei sentimenti della veneranda Signora, ringraziò tutti i convenuti, annunciando che il corpo insegnante e le allieve, per onorare l’indimenticabile Direttrice con un atto in armonia al di lei sentimento di carità inesauribile, presentavano una somma da erogare a scopi di beneficenza.

Tutti vollero salutare personalmente la pia donna, e nel passare dinanzi al tavolo adorno di pianticelle e di fiori recisi, le signore e le signorine vollero portar seco un simbolo dell’affettuoso commiato.

Ma la memoria, l’eterna memoria del cuore, terrà scolpita l’imagine della pia signora, che delle amarezze e dei sacrifici conobbe le penose vicende, che della carità illuminata e santa gustò la profonda dolcezza. Ella fece il bene per il bene: nell’ombra, nel silenzio; superiore all’ingratitudine, superiore all’elogio; sola coll’intimo compiacimento che è conforto talora, che è premio sempre. Ed ora noi la vediamo partire, ma il voto che l’accompagna è fatto di ricordi. Siano questi il sorriso per Lei nel meritato riposo.

Angelo Maria Cornelio.

NATALE IN CARCERE

Tema per scolaro, o articolo da giornale?

Come volete, e come vi aggrada, a patto che leggiate fino all’ultima linea. Certo è tema d’attualità, e la stampa, almeno una volta, sia il portavoce di un gemito che scende al cuore.

I due termini «Natale e Carcere», si urtano. È uno stridore acuto nei due concetti; è un controsenso e fors’anche una stonatura. Eppure è una realtà, una di quelle dolorose realtà, che si imporrebbero un pochino, se i distratti della vita si fermassero un momento a osservarla. Quanta leggerezza nell’umanità che gode e si diverte!

Ma laggiù in un ampio fabbricato, sotto la vigile e continua attenzione della giustizia, un popolo si muove, si agita, soffre. Sono quattrocento, sono cinquecento persone che prive di libertà, devono subire il martirio di udire e sapere l’altrui felicità.

Almeno fossero tanto lontani da non partecipare per nulla al movimento, alla vita, alle nervose agitazioni di un mezzo milione di liberi e irrequieti cittadini! Invece là tutto arriva, tutto penetra; è un soffio di vitalità che scuote, e risolleva uno spasimo acuto di una piaga insanabile...

Risuonavano domenica le musiche giù per le vie. Le persone si affacciavano ai balconi e alle finestre e alcune rispondevano con generose oblazioni alla pietosa trovata della beneficenza natalizia; altre impreparate chiedevano notizie. Ma la geniale idea era da tutti benedetta, e dai più corrisposta. E le musiche risuonavano.... Lo squillo delle trombe e le dolci note fendevano l’aria, e penetravano anche negl’androni, nelle celle, e si ripercuotevano in una eco melanconica.... Parevano gemiti di sofferenti!

Domandavano che cosa avvenisse.... Come e cosa rispondere?

E se di quella manifestazione di solidaria beneficenza nulla scendesse a lenir la loro sventura? E se il «Natale della stampa» si fermasse alla barriera di un cancello di ferro, o non ascoltasse il fioco lamento di chi non ha e non può avere un sincero e forte portavoce?

Natale in carcere!

L’inverno è venuto, — e qui, — incrudirà presto.

Le celle non hanno altro calorifero che la bruma e le raffiche dei venti, che attraversano facilmente anche le botole mal sicure.

E quando i geli o le nevi minaccieranno intirizzirvi, voi o agiati, o benestanti, vi difenderete colle maglie e i corpetti e le lane. Nelle prigioni tutto questo è un mito, un pio e vano desiderio. Davanti al caminetto o nel tepore di un salotto a termosifone, voi, o studenti e letterati, a distrarvi dalla noia delle giornate cupe e nebbiose, voi divorerete romanzi e novelle.... Oh! quei volumi che non leggete più, quei volumi polverosi nella immobilità di una elegante libreria, perchè non li passate a questi uomini ai quali l’ozio rovina le fibre dell’animo e guasta le energie della volontà?

Voi signorine dal cuore sensibile non pensate mai agli orrori della vita senza moto, senza occupazione, senza distrazioni? Non vi giunse mai all’orecchio il lamento o l’eco di una voce che vi disse: « quel libro non gettatelo, non lo lasciate inoperoso... è un tesoro, è una carità, è una strenna a un disgraziato » questa voce non la udiste mai?

Natale in carcere!

Lo sò, mi parlerete di pene meritate, di espiazione, di giustizia.

È vero. Antipatica è la causa che io difendo; ne sono scoraggiato ancor io, e non dissimulo la pena e la difficoltà, che mi stringe l’animo davanti alla delinquenza, marea montante, invadente.

Ma ne conoscete voi le attenuanti che vanno a perdersi nelle famiglie, nell’educazione, nella morbosità di atavismi e di fisiche imperfezioni? Conoscete voi le imposizioni e le responsabilità dei delitti, che potrebbero forse risalire, risalire fino alle intime compagini di quella, che è la vita sociale?

Quando il Natale reca gioia dappertutto e fa lieta ogni famiglia, noi pensiamo invece alle ingiustizie della umanità.

E la melanconia che fa guardare un po’ fiduciosi nell’al di là. Credete voi alla giustizia umana? Non dico l’uomo ingiusto nelle sue intenzioni: legislazione e magistratura sono leali ed oneste, e formate sull’equità.

Ma ignorate voi forse le deboli maglie della legge e le abilità delle difese, e gli errori della giuria, e le in-