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20 IL BUON CUORE


cielo stellato. Il silenzio non è interrotto che dalla voce del torrente e dal tintinnìo dei campanelli appesi al collo delle caprette, che, guidate da fanciulli, vanno qua e là a passare la notte nei loro casolari.

Ad un tratto si accende la luce elettrica nei paeselli che ingemmano la valle, e ci sembra di veder vaganti gli spiriti benefici dei Mellerio; dei Borgnis, dei Trabucchi, e ancor più vivo sentiamo in cuore il desiderio di veder tradotte in candido marmo le amate sembianze del mite Raineri.

Desiderio vano, e vana speranza d’informazioni sulla sorte toccata al monumento che realmente fu inaugurato da parecchi anni e fu legalmente consegnato alla Amministrazione dell’Ospedale Trabucchi di Malesco.

Notisi che all’onoranza decretata al Raineri concorsero circa cento soscrittori distintissimi, tra i quali Ubaldino Peruzzi, Giulio Prinetti, Luigi Bottaro, e via dicendo.

Ma c’è o non c’è questo monumento? Ecco... c’è e non c’è, cioè c’era quando fu inaugurato con discorsi splendidi e rogiti di consegna, ma poi disparve.

Il mistero fu in parte squarciato da un corrispondente del Sempione di Arona, ed ora ecco che l’amico nostro prof. Giacomo Cottini insorge nell’Indipendente di Domodossola contro lo sfregio fatto al benemerito sacerdote italiano e con fine ironia fa la storia della sparizione del ricordo marmoreo.

Il busto del Raineri, collocato dapprima con solennità in luogo d’onore nell’Ospedale Trabucchi, fu poi da un presidente del luogo pio relegato in un sotterraneo. Sottentrato dopo qualche tempo un presidente misericordioso, il povero Raineri fu tolto dall’umido e fu messo all’asciutto e al sicuro in un armadio che si trova al piano superiore dell’Ospedale.

E dove trovasi l’erma che presentava l’epigrafe dettata dal comm. don Luigi Vitali? Fu adattata ad altro busto con altra iscrizione sovrapposta con lastra metallica!

Il prof. Cottini si rivolge con frasi vibrate all’attuale presidente dell’Ospedale in cui fu consumata l’incredibile mistificazione, ed esclama: «Rimediate, per carità, all’azione vandalica dei vostri predecessori!» Conclude poi la sua requisitoria con un consiglio da seguire nel caso che proprio si voglia allontanare da Malesco il monumento del pio sacerdote. Inviatelo, dice, a Santa Maria Maggiore, patria del Raineri; oppure a Domodossola, ove si ospiterà degnamente nel Collegio Rosmini il ricordo del degno discepolo del grande Roveretano, dell’antico prefetto amatissimo. Se poi volete allontanarlo maggiormente, inviatelo al Collegio Nazionale di Novara, dal Raineri sapientemente ripristinato, oppure all’Istituto dei Ciechi in Milano, ove lo si ricorda con affetto devoto, o anche a Rovereto, patria del Rosmini.

Noi invochiamo semplicemente un atto di giustizia, che ridoni al sacerdote italiano quanto gli venne tributato da illustri personaggi con pubblica soscrizione, col plauso di tutti i buoni e coll’approvazione delle competenti autorità. No, non deve esser permesso, per capricci incomprensibili o per partigianeria, calpestare memorie che da uomini sommi furono degnamente onorate.

Angelo Maria Cornelio.


P.S. — Quanto qui vedo narrato, mi riempie l’animo di vero cordoglio. Io conobbi l’abate Raineri, che mi onorava col nome di amico, e fu mio predecessore come Rettore nell’Istituto dei Ciechi. Lo visitai a Malesco, nella sua modesta casetta, dove, seriamente ammalato, erasi ritirato a passare gli ultimi mesi di sua vita, aspettando serenamente la morte. Ci ritornai in occasione dei suoi funerali. L’ultima volta fui invitato ad andarci, quando venne inaugurato il busto, che la stima e l’amore di molti egregi personaggi, gli aveva fatto erigere, in omaggio alle sue distinte qualità, e pel molto bene che aveva fatto. Oltre l’epigrafe, io feci anche il discorso d’inaugurazione del busto. Parole commoventi disse pure in quella circostanza una giovine cieca, allieva dell’Istituto di Milano, la signorina Celesia Maria, in vacanza allora presso un suo fratello, Paroco del vicino paese di Villette. Il busto, in modo inspiegabile ora messo all’ostracismo, certo sarebbe bene accolto nell’Istituto dei Ciechi di Milano, dove il Raineri fu rettore per otto anni, lasciandovi una memoria non del tutto cancellata, specialmente per la riforma radicale introdotta negli studi letterari, oggi ancora in vigore, e per l’influenza benefica esercitata presso il conte Mondolfo, che dietro sua ispirazione ideò e fondò con un cospicuo legato l’Asilo Mondolfo.

L. Vitali.

IL PADRE GEMELLI

e la

sua discussione coi Medici sui fatti di Lourdes

«Tu, o frate, ha esclamato nel corso della discussione, il medico Grisafulli, direttore del Manicomio di Como, tu venendo qui fra noi a sostenere le tue idee, hai compiuto opera moderna, e noi te ne siamo grati, pur non potendo accettare i fatti da te narrati».

E noi dividiamo pienamente la lode che al padre Gemelli ha rivolto il dott. Grisafulli, pur non accettando la sua restrizione.

Noi siamo lieti della discussione accettata e tenuta dal padre Gemelli, per più ragioni.

A noi piace immensamente questo avvicinarsi, questo rimescolarsi dell’elemento religioso coll’elemento laico. La religione non può che guadagnarne, qualunque sia la parte, qualunque sia la misura, del ravvicinamento. La religione ha passato in Italia un periodo doloroso nella seconda metà del secolo XIX. Un dissidio aspro ed aperto si era fatto tra l’autorità religiosa e la società laica. Il movimento nazionale da una parte, coll’indipendenza, la libertà, e l’unità della patria, con Roma capitale; dall’altra la difesa del Poter Temporale, che contrastava a questo movimento, e che pur dopo la sua caduta, nel 1870, si prolungava con una serie multiforme ma tenace di opposizioni, aveva creato fra la Chiesa e lo Stato un abisso. Tutto ciò che veniva dal clero veniva da un nemico e doveva essere respinto come l’opera di un nemico. Non si fece