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28 IL BUON CUORE


L’articolo è una recensione fatta dal sig. Vittorio Graziadei sul libro Silvio Spaventa, la politica della destra, scritti e discorsi raccolti da Benedetto Croci.

A pagina 91 si legge il brano seguente:

«Mi piace riportare qui ciò che scrive lo Spaventa a proposito di un momento tragico per la Francia, capitalissimo per la storia d’Europa e d’Italia, di grande passione e contrasto per l’anima di Lanza, allora presidente dei ministri. Già prima ci ha detto come il Lanza amasse la Francia, a cui doveva tutta la parte della sua coltura che non era italiana, e nutriva ferma opinione che gli interessi della civiltà fossero assicurati solo con la primazia in Europa di Francia e Inghilterra e si sentiva oltre modo grato a Napoleone dell’aiuto dato al Piemonte e al suo Re per costituire l’Italia. Quando senti la sconfitta di Sedan e l’abdicazione dell’imperatore dicono che piangesse. Chi non è più giovine ricorda come quelle lagrime siano state rinfacciate, con malignità di interpretazioni e crudezze di derisioni, all’austero ministro piemontese».

Lo Spaventa scrive: «Sublimi lagrime, se son vere, anzi, poichè egli era uomo, che nascondeva sotto una scorza ruvida un animo affettuoso schietto e buono, egli dovette piangere. Periva in quella sconfitta tutto un sistema che era stato il suo, e gli pareva il solo adatto a salvare la libertà e l’avvenire civile d’Europa, per, va un uomo, a cui, per il bene fatto alla sua patria, egli era grato; un uomo, a cui, per il bene della sua patria, aveva dovuto impedire il suo Re, di portare il suo aiuto in un’estrema urgenza, e non doveva e non poteva piangere? Ma egli che piangeva non aveva lasciato commovere il suo cuore e la sua mente, da non vedere e non seguire la politica che solo poteva giovare al suo paese... Qui, è grandezza: egli si provò uomo di cuore insieme e uomo di Stato, egli non mancò al suo passato, nè a’ suoi sentimenti, nè a’ suoi doveri».

Fra tutte le frangie che l’accompagnano, le frasi che mi piace ricordare son due — quando sentì la sconfitta di Sedan e l’abdicazione dell’Imperatore, dicono che piangesse — Lanza si sentiva oltre modo grato a Napoleone dell’aiuto dato al Piemonte e al suo Re per costituire l’Italia.

Chi ha sentito e veduto, per conoscenza propria, i benefici di Napoleone, ricordandone le sventure, non trova che un’espressione sola adeguata a esprimere i suoi sentimenti: le lagrime!

Altri possono credere invece di imprecare alla memoria di Napoleone, e contrastargli l’omaggio tributatogli nel suo monumento, perchè non hanno nè veduto, nè sentito i benefici da lui recati all’Italia.

Sta a vedere se alle affermazioni proprie e alla condanna altrui possa mettersi innanzi come leale e dignitosa giustificazione: l’ignoranza, che è l’indipendenza della mente, sorella della indipendenza del cuore, che è l’ingratitudine.

L. V.




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Il Divino Artista

DI LUISA ANZOLETTI

Sua Eccellenza Mons. G. Bonomelli, al quale Luisa Anzoletti faceva omaggio del suo libro Il Divino Artista, indirizzò all’Autrice la seguente magnifica Lettera, che Il Buon Cuore si onora di pubblicare.

Illustre Signora,

Il libro che Ella gentilmente m’à offerto, e ch’io ò letto con vero interesse, à due meriti principali, quello di onorare la religione e di favorire l’arte.

I modi coi quali l’uomo si eleva a Dio, sono molteplici e sfuggono in parte a una propria definizione. Noi però siamo soliti raccoglierli e classificarli tutti nelle due grandi esplicazioni del nostro spirito, l’intelletto e la volontà. Due scuole opposte, l’una troppo vecchia, l’altra troppo novatrice, non solo si combattono, ma falliscono entrambe alla mèta, escludendosi anzichè completarsi reciprocamente. La Scolastica, che pure ebbe il merito d’aver ai suoi tempi esercitato mirabilmente l’umano intelletto, ebbe il torto di limitarsi quasi esclusivamente ad esso; e sorprende che lo stesso S. Tommaso, ai famosi cinque argomenti metafisici sull’esistenza di Dio, non ne abbia fatto seguire uno di carattere morale.

Come per reazione, da Emanuele Kant in poi, la Filosofia Nuova è venuta mano mano criticando, omettendo, condannando il valore delle argomentazioni teoriche, per dare alla sua volta un risalto quasi esclusivo a quelle insite nel cuore più che nella mente dell’uomo. Come tutte le reazioni, anche questa passò i giusti confini e in quello che aveva di esagerato giustamente venne disapprovata. Ma in quanto riempie una lacuna lasciata dal passato e completa il processo filosofico che ci fa trovare e sentire il Divino, il nuovo sistema, non solo non è disapprovato, ma giudicato opportuno ai bisogni dei nostri tempi.

Per quanto intellettuali, i tempi nostri s’arrendono facilmente a quanto li commuove come buono e come bello, più ancora che come vero. Il sentimento è sempre quello che predomina nell’uomo, e la civiltà, lungi dal fugarlo, lo raffina. I modi di attrarre col sentimento variano secondo le classi di persone e i gradi di cultura: al popolo basta un certo culto esterno, forse un po’ chiassoso, che non impressiona e talvolta disgusta persone di altra levatura. Queste, che pur troppo, disertano dalla Chiesa e da Cristo per questo o quel pregiudizio, siano a Cristo ricondotte da libri che, come il suo, illustre e ottima Signora, trattano d’un culto più elevato e geniale, del culto per eccellenza: l’arte.

Dall’arte a Dio! è un magnifico programma; e l’atttuazione ne è possibile, anzi facile, se l’arte, come noi siam persuasi, non è che emanazione della Divinità: vostr’arte a Dio quasi è nipote. L’uomo non à che rifare il cammino luminoso pel qùale Dio in certo modo è sceso a lui.

Ricordo che, con altri libri forti di cultura filosofica

di raziocinio, Ella dimostrò la Fede nel Soprannatu-