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114 IL BUON CUORE


nazioni europee. Vogliamo dire la Legge 3o maggio 1908. Essa è la prima legge che negli Stati Uniti afferma il principio della responsabilità diretta del padrone di fronte all’operaio vittima di infortunio, ma quella per ora non si estende che agli operai che sono al servizio del Governo federale.

Tal condizione della legislazione è noto come renda difficile la equa compensazione e risarcimento delle disgrazie e dei danni subiti a causa di infortunio: ed in modo speciale ciò si manifesta nel riguardo dei nostri emigrati, che in gran parte sono poco istruiti e non sanno come fare per iniziare procedure a questo scopo: tanto più poi se la famiglia di taluno, che ha perduto la vita in un disastro in America, si trova in Italia.

Il nostro governo che si è reso conto della cosa ed ha visto come queste siano contingenze in cui il nostro emigrato più abbisogna di aiuto, ha provvidamente istituito in alcuni centri più importanti dei Legal Bureaus per l’assistenza legale agli italiani.

La frequenza, con cui purtroppo tali casi incresciosi ricorrono, ci fa augurare che esso intensifichi ed allarghi questa sua opera: e mette in luce frattanto uno dei compiti di assistenza in cui i nostri segretariati potranno rendere dei servigi utilissimi; specialmente quando essi saranno completamente e perfettamente organizzati. Infatti questi potranno dare consigli in simili casi ai disgraziati che ne abbisognano, ed aiuto legale diretto per mezzo di patrocinatori aderenti all’Italica Gens; inoltre sarà provvidenziale l’opera di conforto e di sollievo che essi stessi potranno esplicare nella loro qualità di missionari e di ministri di religione per l’aiuto morale alle famiglie derelitte ed ai feriti; poichè non deve dimenticarsi che la gran parte dei nostri emigrati conservano la religione della patria, la quale, anche se sopita e trascurata per qualche tempo, si ravviva e si fa sentire potentemente nei momenti di sventura quando la morte si mostra dappresso.

Nel recente disastro di Cherry, si ricordi che gruppi di uomini salvati dopo molti giorni di disperata sepoltura furono trovati recitando preghiere: erano Polacchi, Ungheresi, Italiani, tutti avevano sentito il bisogno di implorare la divinità.

E qui è giusto che segnaliamo al plauso l’opera di un sacerdote, direttore del nostro’ segretariato in Granville III, presso Cherry, il sac. Pietro Delo, che in occasione di quel disastro mostrò di aver compreso altamente la sua missione, e con encomiabile zelo fece tutto ciò che fu a lui possibile per soccorrere i colpiti, ed all’aiuto materiale unì il conforto morale portando pace e rassegnazione fra i morenti e le loro famiglie in preda alla disperazione.



Ricordatevi di comperare il 13.mo fascicolo dell’ENCICLOPEDIA DEI RAGAZZI che esce in questa settimana.



La NONNA è un capolavoro di una freschezza e di una originalità assoluta.



Le Chiese gemelle di Milano

Uno dei punti su cui l’Autorità ecclesiastica fu più remissiva, indulgente, è quello che riguarda la costruzione di Chiese, lo stile, e tante accidentalità architettoniche delle medesime. Ai puritani intransigenti sa male che non siasi fatto un obbligo di attenersi sempre e dovunque allo stile basilicale romano, o almeno allo stile lombardo e gotico, le tre maniere che — a voler essere schietti — meglio rispondono al nostro culto. Sa male che pochi freni si applicassero a tante voglie bizzarre di fondatori e architetti di Chiese, i quali, specialmente in un passato molto remoto, poterono impunemente dar sfogo al capriccio, alla fantasia, ai gusti paganeggianti et similia con solo ed esclusivo guadagno in favore dell’Arte e della Libertà figlie del cielo.

Senza parlare di Chiese duple e triple, sovrapposte, l’una all’altra, come quella di S. Francesco ad Assisi, e il Santuario di Lourdes; vorremmo richiamare l’attenzione alle Chiese gemelle, di cui in Milano ce n’ha almeno tre.

Un genere di architettura sacra di gusto molto discutibile, che abolisce il concetto di unità e di concentramento, che disorienta e buongustai dell’arte e divoti. Giacchè, come lo suggerisce il termine qualificativo e come molti dei miei lettori possono aver visto, le Chiese gemelle sono realmente due Chiese in una, riunite e comunicanti tra di loro attraverso longitudinali arcate aperte, poggianti su pilastroni, con due altari principali, due pulpiti, due presbiteri (almeno una volta) due entrate, ma una sola facciata.

Fortunatamente però questo genere di Chiese del secolo XV non attecchì; per cui ora è molto difficile trovarne esemplari. A Milano tuttavia n’abbiamo tre, fu già detto, ma bastanti, fin troppo, per darcene idea, e sono: S. Cristoforo, l’Incoronata e S. Michele alla Chiusa. Lusingandomi che ai lettori possa interessare conoscere queste Chiese oltre che di nome, passo a fornirne i pochi cenni che mi fu dato raccogliere.

Il S. Cristoforo è fuori porta Ticinese, sulla sponda destra del Naviglio, per chi esce di città. Fin dal secolo XII ed anche prima, sull’area del S. Cristoforo sorgeva un ospedale, dotato dai signori di Milano e dal popolo di sufficienti entrate. Prima del 1400 dovea esservi la Chiesa di S. Cristoforo esclusivamente poichè, secondo una lettera ducale del 1398 si concedeva alla città di Milano di costruire un ponte sul Naviglio perchè dall’altra riva non c’era un transito comodo alla detta Chiesa. E nel 1400 i Visconti fecero innalzare al fianco meridionale un’altra Chiesa che portava il nome di Cappella ducale; in seguito ebbe dai duchi Giovanni Maria Visconti, Filippo Visconti e Giovan Galeazzo Sforza nuovi abbellimenti e dotazioni. Di essa prima ebbero governo i Monaci di S. Vincenzo in Prato fino al 1789; poi le Parrocchie di S. Gottardo e di S. Maria al Naviglio.

Si ammirano porzioni della cara architettura lombarda originale tanto che bastano a far rimpiangere e le manomissioni vandaliche dei nostri antenati, e a far de-