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IL BUON CUORE 141


In quanto poi al servizio militare, non è vero che i Brasiliani non ne vogliano sapere, prova si è che spontaneamente si offrono i giovani delle più distinte famiglie per fare il volontariato, e ciò con moto spontaneo ed entusiastico, suscitato dai discorsi marziali dell’Hermes quando era ministro della guerra. Se avvenne che in qualche parte il popolino ignorante si lasciasse portare ad atti contrari, ciò non depone contro la oggettività del fatto, che non può essere contestato. I giovani accettano con entusiasmo il volontariato e gli esercizi di tiro. Parla l’esempio dei Salesiani, che nei cinque o sei ginnasi pareggiati che reggono nel Brasile, hanno i loro battaglioni formati militarmente, sotto il comando di un tenente dell’esercito. Quanto poi all’avere l’Hermes voluto che anche i religiosi facessero il loro servizio militare, (meno lungo e meno gravoso di quello d’altre nazioni) non depone assolutamente contro di lui, perchè in America, il rispetto e la libertà religiosa non si interpretano coi privilegi di casta, falsa maniera questa, di vedere il rispetto verso un’Idea, qualunque essa sia; privilegi del resto, che non costituiscono altro se non oligarchie di classe, e preparano in seguito reazioni potenti nei partiti avversi. Con ben forte ragione poteva egli invece volere che non vi fossero privilegi di esenzione, quando molti temevano che la legge producesse una rivolta nel basso popolo, qualora la classe intellettuale per la prima, non avesse dato l’esempio di spontanea accettazione.

Certo si potrebbe contestare che il Brasile sia un paese del quale non si sappia mai nulla. Informino i Salesiani.

È un errore raccogliere accuse gettate al pubblico con spirito di partigianeria, come quella, per esempio, che il nuovo Presidente abbia promesso ai fratelli tre puntini di assecondare in tutto le aspirazioni della massoneria. Sono razzi di lotta elettorale, accesi dai giornali civilisti della candidatura avversaria; ma i giornali militaristi, tra i quali un paladino della stampa cattolica, hanno recisamente smentita la frase attribuita all’Hermes, presentandola come una delle armi sleali, sfoderate per combattere la candidatura trionfante.

Perchè tanto pessimismo? Tale sistema, se non può essere qualificato delitto di lesa maestà, può però essere deplorato come delitto di lesa carità. Così non si fa altro che inasprire gli animi, dividere le forze buone e far sorgere, colla reazione, un proposito lontano dalla mente del governo, cioè il proposito di perseguitare davvero quella nostra religione che così erroneamente viene praticata da chi vuol trovare il pelo nell’ovo. Grande prestigio del cristiano è l’inclinare ad ammettere il bene e ad essere assai guardinghi nell’ammettere il male.

Ho detto: «Informino i Salesiani». Ed ora soggiungo che, anche nel dettare questa risposta, io tengo presenti gl’insegnamenti di don Rua, al quale tutto il mondo civile, con unanime consenso, si è inchinato. Il segreto di don Rua era quella carità che fece miracoli anche nel Brasile; era il segreto della religione cattolica praticata con umiltà e dolcezza; di quella religione che attraverso i secoli ha dato splendidi risultati e splendide figure di santi veri e di veri eroi.

Sigismondo Vitali

La famiglia del Buon Cuore ha avuto nei passati giorni un lutto ben grave: la perdita del Cav. Sigismondo Vitali, fratello dei nostro Direttore.

Un giornale cittadino La Perseveranza pubblicò in brevi parole un ritratto fedele dell’egregio defunto, segnalando ai cittadini la scomparsa di lui come lo spegnersi di un raggio luminoso e benefico. Ecco le parole del giornale:

«È mancato ieri ai vivi il Cav. Sigismondo Vitali, una figura simpatica del mondo commerciale di Milano.

«Da molti anni egli rappresentava il mandamento di Bellano nel Consiglio Provinciale di Como; anzi, di Bellano suo paese natale si può dire che fosse il consigliere nato. Così lo designava l’opinione pubblica del lago, la sua competenza amministrativa, il cuore largo ed una equaminità perenne che il Cav. Vitali sapeva portare in tutte le pratiche di interesse pubblico. Non c’è istituzione di bene nei paesi del mandamento che non rammenti di lui o un soccorso generoso o un consiglio amorevole. Tanto che la sua morte è un lutto per moltissimi; poichè tutti sanno che un’attività così vera, così nobile, così paterna difficilmente potrà venire sostituita.

«Sparisce con lui un tipo d’uomo e di cittadino divenuto raro tra noi: tempra schietta di patriota, reduce autentico dalle battaglie del risorgimento, riteneva sempre nel volto, nel gesto, in tutta la persona un che di semplice e di marziale che s’univa in buona alleanza con la cristiana fede, cospicuo retaggio tradizionale nella famiglia Vitali.

«Mentre posiamo il nostro fiore sulla salma onorata, il pensiero ricorre ai superstiti; al venerando fratello Mons. Luigi Vitali, al Nestore della famiglia Don Enrico, rettore del tempio civico, alle sorelle, ai nipoti Porro e Gobbi, degni consiglieri del Comune di Milano. A tutti vada l’espressione delle nostre amichevoli, sincerissime condoglianze».

P. S.

Giova ricordare per la storia del bene e della patria che nel 1859, mentre il nostro Direttore Mons. Luigi Vitali saliva l’altare per la sua prima Messa, il fratello Sigismondo giaceva all’ospedale militare di Brescia, per ferite toccate alla battaglia di Treponti presso Rezzato.

Questa armonia delle due fedi, la religiosa del novello sacerdote, e quella patria del milite ferito, armonia che univa i due fratelli pure lontani, non venne meno giammai nella famiglia Vitali, e fu — lo sanno tutti — la bandiera bella e immutata del nostro Direttore.

I funerali a Milano riuscirono degni dell’uomo. Notammo il senator Speroni, il senator Gavazzi, l’on. Baslini, il prof. Inama, il comm. Bertarelli, e varie figure distinte del mondo industriale.

Ai fiocchi del feretro il cav. Spasciani, presidente